Cose che mi capitano quando faccio il papà
Ovvero leggere la mia newsletter preferita e scoprire che il miglior film dell'anno dura 24' ed è un video di skate.

Piove.
Sono chiuso in macchina.
Sirio, mio figlio, dorme nel seggiolino.
È Pasquetta e devo ingannare il tempo, aspettando che si svegli per raggiungere gli amici che stanno pranzando nel ristorante davanti a cui siamo parcheggiati.
Prendo il telefono.
Mi sono ricordato che un paio di giorni prima è uscito un episodio di Blackbird Spyplane che mi aveva incuriosito.
C'è un monte di motivi per cui Blackbird Spyplane è una delle mie newsletter preferite.
Primo; il tone of voice è incredibile.
Così vivo, vibrante di slang ma allo stesso tempo diretto, personale, empatico, con quel vezzo di aggiungere tra parentesi il nome dell'autore dopo ogni prima persona singolare che garantisce il giusto equilibrio tra la voglia di guardati negli occhi e la necessità di accreditare chi parla; perché sì, Blackbird Spyplane è una newsletter scritta da due persone - Erin e Jonah - e nonostante questo riesce a parlare sempre in modo così coerente da rendere difficile capire chi dei due sta scrivendo se non te lo dicessero in quel modo così delizioso.
Secondo; parla di moda.
Anzi, parla di stile ovvero del modo in cui una persona può interpretare la moda per esprimere il proprio gusto personale e la propria personalità. E per me lo stile è una cosa importante, perché vengo dalle sottoculture e nelle sottoculture lo stile è una cosa fondamentale. Se negli ultimi anni mi è venuta una certa voglia di swaggare penso sia anche per merito dei personal essay di Blackbird Spyplane.
Terzo; non parla solo di moda.
Parla anche di musica, di cinema, di arte, di viaggi; in una parola Blackbird Spyplane parla di cultura. Leggendola ho scoperto artisti, musicisti, film, album, registi ma anche brand e negozi di abbigliamento. Insomma, non è solo divertente da leggere ma è pure utile per allargare un po' gli orizzonti.
Quarto; si chiama come uno dei più incredibili aeroplani della storia.
Il Lockheed SR 71 Blackbird è un aereo spia statunitense capace di volare a mach 3.2 che è stato in servizio durante la Guerra Fredda (dal 1966 fino all'anno della caduta del muro di Berlino). Per la mia personalità di ragazzino nerd delle scuole medie è qualcosa di irresistibile.
Scrollo il feed di Gmail e trovo quello che stavo cercando. La newsletter si intitola: The 24-minute movie of the year.
Come premessa suona altisonante, ma leggendo il pezzo non l'ho trovato fuori contesto. Il film cui si riferisce l'oggetto della mail è BOBCBC, un video di skate diretto da Toma Morrison, che ha come protagonista lo skateboarder Bobby De Keyzer.
Se non lo sai, lo skateboarding è una delle mie passioni, ci ho anche scritto un libro. Quindi mettiti nei miei panni e prova a pensare a cosa ho provato quando ho capito che una delle mie newsletter preferite stava dicendo che un video di skate di 24' è il miglior film di quest'anno.
Se hai pensato qualcosa come "esaltazione", beh, ci sei andato abbastanza vicino, perché, sì, cazzo, mano a mano che leggevo la newsletter mi sono esaltato parecchio.
Purtroppo per poter verificare se Erin e Jonah dicessero il vero ho dovuto aspettare fino a sera quando, dopo essere tornato a casa e aver messo a nanna l'altro figlio - Ettore, quello più grande - ho potuto finalmente vedere il video.
La coppia non mentiva. BOBCBC è effettivamente un gran film. E non uso a caso questa parola perché, è vero, potresti definirlo un anti skate vide ed è proprio questo che ne fa un film, un film d'arte per essere precisi.
Se non hai dimestichezza con l'universo dei video di skateboarding sappi che di solito si tratta di una serie di sequenze che hanno uno skateboarder come protagonista che, di spot in spot, dimostra le sue abilità chiudendo un trick uno dietro l'altro in un ordine di difficoltà crescente.
BOBCBC fa tutto il contrario: è ambientato in un solo spot, una piazza di Toronto, che presenta due sole categorie di ostacoli, una serie di ledge (ovvero dei muretti) e la superficie della piazza (che in gergo si dice flat).
Il film inizia il dodici settembre del duemilaventiquattro e si conclude il venticinque novembre dello stesso anno. Questo significa che, nel corso dei suoi ventiquattro minuti di durata, lo spettatore vede Bobby De Keyzer ripetere più o meno sempre la stessa categoria di trick alternando i tentativi falliti (la maggior parte) a quelli riusciti (molti meno).
Detta così potrebbe sembrare incredibilmente noioso - spoiler: non lo è.
Il montaggio e le musiche di Barret Avner lo rendono un'esperienza godibilissima e il film è interessante proprio perché rompe la logica narrativa dei tradizionali video di skate, nei quali la sequenza di trick è funzionale a creare un climax in cui l'errore è bandito dall'inquadratura o, quando è presente, lo è soltanto in funzione del trionfo del protagonista.
BOBCBC invece lavora in modo diverso. Restituisce in modo più veritiero l'esperienza di uno skater che, se hai mai skateato in vita tua lo sai, è fatta della frustrante ripetizione di una sequela di errori la cui soluzione di continuità è il trick chiuso che, però, non ha nulla di finale, nulla di definitivo.
Time is a flat circle, sentenziava Rust Cohle in una battuta iconica della prima stagione di True Detective.
La sentenza è particolarmente vera anche per uno skateboarder, la cui esperienza del tempo non è altro che il ripetersi circolare di una serie di gesti eseguiti per la maggior parte delle volte in uno stesso luogo.
BOBCBC fissa questa esperienza attraverso l'occhio della videocamera, introducendo anche sotto questo aspetto un elemento di rottura con la messa in scena canonica del genere skate video.
Oltre alle inquadrature ravvicinate e in movimento, catturate dal filmer a piedi o a bordo di una tavola, nel film compare più volte quella che sembra essere la ripresa di una videocamera di sorveglianza.
Si tratta di un'inquadratura d'insieme della piazza, ripresa da una posizione sopraelevata e solo leggermente decentrata rispetto al gruppo di muretti su cui si svolgono le evoluzioni di Bobby De Keyzer.
Da quel punto d'osservazione possiamo vedere la scena come se ci trovassimo al suo interno, lontani dalla prospettiva incarnata delle più abituali riprese ravvicinate e, grazie a questo privilegio, possiamo ricostruire l'indifferenza che il contesto riserva a quella serie di gesti tecnici che, visti più da vicino, sembrano così importanti, quasi titanici.
L'effetto è tanto straniante quanto poetico.
Una scena in particolare mi ha colpito in questo senso. È quella in cui, poco dopo il crepuscolo, filmer e skater si inseguono ridotti il primo a luce, quella montata sopra l'obiettivo della videocamera, e il secondo a ombra, quasi impossibile da distinguere in quel momento in cui la giornata si avvia verso la notte e la radiazione solare lentamente va spegnendosi.
La riguardo e penso al modo in cui sottovalutiamo questa dimensione circolare del tempo. Come cambierebbero le nostre vite se iniziassimo a darle la stessa importanza che diamo alla sua progressione lineare?
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