Una promessa di opacità.
Pensieri su come le intelligenze artificiali stanno cambiando la rete per come la conosciamo.

Poco più di due anni fa, pubblicavo alcune note su ChatGPT, lavoro creativo e automazione. Era un testo disordinato, istintivo, e - a rileggerlo oggi - alcuni dei giudizi che esprimevo suonano datati: l’evoluzione impietosa dei modelli linguistici ha corretto molti dei difetti allora evidenti.
C’è però un passaggio che, al contrario, oggi mi sembra profetico. Scrivevo:
se proviamo a descriverla consapevoli di come funziona la tecnologia che, oggi, le permette di funzionare, ChatGPT non è altro che un motore di ricerca la cui interfaccia invita a formulare le proprie intenzioni di ricerca in linguaggio naturale, invece che ragionare per parole chiave come è abituato chi ha vissuto l'avvento dei motori di ricerca.
All'epoca qualcuno si era risentito: "gli LLM non sono dei motori di ricerca, sono qualcosa di profondamente diverso".
L'obiezione non mi aveva convinto allora, e mi convince ancora meno oggi.
Secondo uno studio condotto da Semrush - piattaforma nata come tool SEO ed evolutasi in una suite per il marketing digitale - l'uso delle IA come strumenti di ricerca web potrebbe superare quello dei motori di ricerca tradizionali entro tre anni.
Diverse ragioni guidano questa crescita.
Una è proprio la possibilità di esprimere le proprie intenzioni in linguaggio naturale. Invece che digitare query come “hotel + destinazione”, gli utenti possono rivolgersi alle IA come si farebbe con una persona in carne e ossa.
Un’altra è la capacità delle IA di accedere in tempo reale a informazioni aggiornate. Nel 2023 ChatGPT era un motore di ricerca fermo al 2021; oggi, invece, può attingere a contenuti aggiornati.
Fa una differenza enorme.
Infine, le IA non si limitano a restituire una lista di risultati. Sintetizzano, elaborano e presentano le informazioni, risparmiando all’utente la fatica di navigare tra più fonti per trovare risposte.
Questa dinamica sta generando due cambiamenti significativi nel modo in cui la rete ha funzionato finora.
La fine della trasparenza
Il primo cambiamento è un vistoso calo del traffico organico sui siti web.
La capacità delle IA di aggregare e sintetizzare le informazioni rende sempre più irrilevanti i funnel, e svuota di senso le metriche con cui si è soliti misurare il successo digitale.
Impressioni, visualizzazioni, click e conversioni smettono progressivamente di indicare influenza o rilevanza. Per un quarto di secolo abbiamo beneficiato di una certa trasparenza, resa possibile dall’abbondanza di dati e segnali misurabili.
Oggi, come scrive Jono Alderson, tutto sta diventando più opaco.
Il contesto come campo di battaglia.
L'opacità è il secondo grande cambiamento.
E non riguarda solo chi fa marketing. Perché marketing e business sono le forze che plasmano la rete e quindi l’esperienza quotidiana che ciascuno di noi ne fa.
Il decadimento della qualità della ricerca webè dovuto al modo in cui i motori di ricerca (Google) hanno codificato la possibilità di indicizzare e posizionare i contenuti digitali e dei modelli di business che questo modo ha aiutato a creare.
It's been more than a year since I gave up on Google Search (I switched to https://t.co/RKWSwyVM27 and never looked back). I don't miss it. It had gotten terrible. It's gotten worse since, thanks to AI (of course):https://t.co/zGmxrNdSuo
— Cory Doctorow NONCONSENSUAL BLUE TICK (@doctorow) July 15, 2025
1/ pic.twitter.com/yJUGx0meeh
Un thread, chirurgico, che ti aiuta a capire perché la ricerca web oggi fa 🤮
Nella rete che le IA stanno costruendo, ciò che conta è la capacità di fornire contesto. L’accuratezza delle risposte dipende dal modo in cui le macchine riescono a ricostruire un contesto coerente intorno alla domanda dell’utente.
In un mondo guidato dai modelli linguistici, il successo - per chi comunica, crea o vende - non consisterà più nel costruire percorsi che conducono all’azione, ma nel emettere segnali coerenti e credibili nel tempo.
Segnali che le intelligenze artificiali sappiano interpretare e su cui possano fare affidamento per svolgere i compiti assegnati.
Dall'identità, ai segnali, alla cultura.
Non sono del tutto certo che questo cambiamento riscriverà da cima a fondo le regole del marketing.
Ma molti segnali suggeriscono che potremmo muoverci in quella direzione: verso un modello in cui a fare la differenza saranno le identità di marca chiare, riconoscibili, capaci di posizionarsi in modo rilevante nel paesaggio culturale.
Potrebbe però anche non accadere. Il marketing digitale di domani potrebbe ricalcare, con qualche variazione, quello di oggi.
Molto dipenderà dai modelli di business.
Al momento, la maggior parte delle aziende IA offre i propri prodotti B2C in abbonamento, con un’attenzione centrata sull’utente.
Questo modello ha però un limite: la scalabilità.
Non tutti sono disposti a pagare per accedere a una versione premium, e la concorrenza tra piattaforme tende a ridurre ulteriormente quella base.
Nella fase attuale di crescita e hype, questo limite è poco visibile: il motore che spinge lo sviluppo è il capitale di investimento.
Ma quando la curva della penetrazione inizierà a flettersi, il capitale smetterà di comportarsi come un propulsore e comincerà a esigere ritorni.
Sarà allora che le questioni di sostenibilità e profittabilità diventeranno pressanti.
E se l’attuale modello economico dell’IA non sarà in grado di garantire margini sufficienti, le aziende cercheranno nuove fonti di ricavo.
Una delle strade più prevedibili sarà quella pubblicitaria: un modello già collaudato, adatto a generare volumi e rispondere alle pressioni degli investitori.
Il prezzo dell'opacità.
Solo il tempo dirà se, in futuro, sarà possibile pagare per dare forma al contesto su cui le intelligenze artificiali costruiscono le loro risposte. O se, al contrario, la promessa di opacità che oggi ci fanno verrà mantenuta.
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