Brennero - una recensione preventiva

Una recensione di Brennero, la fiction RAI poliziesca ambientata in Alto Adige. Scritta come forma di esperimento sociale per riflettere con ironia sugli stereotipi con cui veniamo raccontati.

Vista aerea del passo del Brennero.
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Questo post nasce per scherzo da un post su Facebook. È una recensione preventiva, scritta senza aver visto la serie di cui parla. Tutto quello che ci trovate dentro è un becero tentativo di autopromozione ed è il frutto della mia immaginazione, dell'esperienza e delle informazioni che ho trovato in rete su questo prodotto. Felice se tutto quello che leggerete verrà smentito dai fatti!

Nelle prime pagine de Il velo, il mio primo romanzo uscito lo scorso anno, Alex, il protagonista della storia, riflette su un dettaglio che gli si imprime nella mente nel viaggio di ritorno a casa che intraprende alla fine del suo percorso universitario.

Sui cartelloni chilometrici Bolzano veniva nominata per la prima volta all'altezza di Rovereto. Prima di allora, la sola indicazione dell'esistenza dell'Alto Adige offerta agli automobilisti era la loto distanza dal confine del Brennero. Nella segnaletica autostradale la provincia in cui ero nato equivaleva a un grande vuoto. La sola definizione possibile era la linea immaginaria che ne indicava l'estremità.

Brennero, la fiction della RAI che andrà in onda per la prima volta stasera, lunedì 16 settembre 2024, non fa eccezione a questa regola.

Pur essendo ambientata a Bolzano e girata un po' qua e un po' la nel territorio della provincia, il titolo la definisce a partire dal suo limite, il confine politico e geografico che rende l'Alto Adige un'entità di natura geopolitica. O, piuttosto, lo riduce a esserlo, dal momento che, è ancora Alex a parlare,

Nella coscienza della nazione Bolzano - lo avevo compreso soltanto andandomene - era effettivamente un rimosso.

A questa regola, però, Brennero non sembra fare eccezione. La fiction parte, prendo la sinossi direttamente dai materiali stampa,

da uno spunto reale e intrigante del passato (La Notte dei fuochi, nel 1961, quando i terroristi tirolesi diedero il via a una serie di attentati per ottenere la riannessione del Südtirol), Siamo ai giorni nostri, in Italia, a Bolzano. Eppure, chi vi arriva per la prima volta, è convinto di trovarsi in Germania. I cartelli per strada sono scritti in tedesco, se si chiede un’informazione in italiano alcune persone non capiscono, serve addirittura superare un esame di lingua tedesca per accedere alle cariche pubbliche. Gli stessi cittadini sono spaccati in due: da un lato i tedeschi, precisi, rigorosi e benestanti; dall’altro gli italiani, chiassosi e calorosi. In questo contesto, una PM appartenente a una facoltosa famiglia di lingua tedesca e un ispettore di lingua italiana con un passato difficile sono costretti a lavorare insieme al caso di un serial killer.

Leggendo bene queste righe ci si accorge che qualche rimosso, tutto sommato, c'è; per esempio, a quale entità sarebbe dovuto essere riannesso il Südtirol?

Noi sappiamo che si tratta dell'Austria ma, probabilmente, nominare i nostri vicini sarebbe stato sconveniente: la stagione del terrorismo, come le guerre puniche d'altronde, è una ferita ancora aperta, che è meglio evitare di trattare in un'opera di finzione.

O, se proprio è necessario, collochiamo la vicenda nel passato, così possiamo lasciarla lì, tranquilla, e usarla giusto come innesco narrativo per una storia che, ce lo ricorda il comunicato stampa, è ambientata ai giorni nostri, dove è tutto a posto, tutto tranquillo e nessuno si sognerebbe mai di far saltare in aria un traliccio perché qui, ormai, i tedeschi sono precisi e rigorosi ma, soprattutto, benestanti.

Tutti. Dal primo all'ultimo. Benestanti, senza eccezione. Sarà l'aria buona.? Sarà lo speck IGP o le mele o il vino? Oppure quella bizzarra autonomia amministrativa di cui siamo dotati? Non è dato saperlo, ma gli archetipi, diranno gli autori, funzionano così e chi siamo noi per contraddirli?

Quindi, piuttosto che raccontare una storia di cui la maggior parte degli italiani ha sentito parlare a malapena, meglio acchittare la classica storia di serial killer che, ultimamente, tirano un casino.

Una storia che, diamo a Cesare quel che gli spetta, sarà narrativamente perfetta, costruita ad arte, senza alcuna sbavatura, per portare lo spettatore dalla prima all'ultima puntata evitando cali di tensione o buchi di trama.

Per farlo, la Storia, la società e il territorio non sono importanti.

Sono riferimenti da tenere sullo sfondo per dare quella pennellata di colore locale utile per ricevere i finanziamenti provinciali per produrre la serie, ma facendoli restare abbastanza sfumati da poter essere rimpiazzati, qualora la serie abbia successo e il format venga venduto ad altri, meglio se agli americani, per essere ambientato nel Vermont senza per questo perdere una briciola della sua efficacia.

Tanto, agli autori, quando la vecchiaia chiederà loro conto di tutta la monnezza che hanno fatto, resterà sempre una carta da giocarsi: la deresponsabilizzazione.

Non è stata colpa mia, è stata la RAI che ha distrutto la mia creatura. Io ero innocente. Io volevo fare The Wire sulle Alpi o Breaking Bad coi tirolesi al posto dei messicani.

Eppure un prodotto narrativo popolare e profondo, capace di raccontare l'Alto Adige senza appoggiarsi sul cliché, servirebbe, perché, nota ancora Alex,

tra le persone che avevo incontrato negli anni universitari, quasi nessuna conosceva anche solo frammenti della storia della città e dell'intera provincia. Tutti sapevano che là si parla il tedesco e si stupivano che io non fossi bilingue: nient'altro.

Fermi tutti! In Brennero il tedesco c'è.

La PM appartiene a una "facoltosa famiglia tedesca" e, yabbadabadoo, chissà che oscuro segreto cela la sua storia famigliare e in quali spinose situazioni metterà questa zelante servitrice dello Stato a cui l'appartenenza etnica dona precisione e rigore di natura genetica.

Già mi immagino quante scintille susciterà l'incontro/scontro con l'ispettore italiano dal difficile passato.

Sarà per caso un padre separato, affettuosissimo coi figli e capace di sopperire alle mancanze della ex moglie carrierista? Oppure nel suo passato si nasconderà la militanza non troppo convinta di un teppista di periferia affascinato dall'estetica fascista?

Ma, soprattutto, in quella che si annuncia come una telefonatissima sottotrama amorosa - che se al pubblico non gli dai l'impressione che alla fine i due s'ingroppano la trama mica scorre - saprà, questo personaggio, duro e simpatico, conquistare, con il suo calore chiassoso, il cuore della bella superiora, in un chiaro omaggio alla bruciante passione per Fry che accende la precisa e rigorosa ispettrice Morgan in Futurama?

Oppure sarà lei, sedotta dal suo caloroso chiasso, ad attentare alle virtù del collega, in un'ardita inversione di ruoli, con cui conquistarsi la simpatia delle femministe della terza ondata?

Vada come vada, al proprio posto troverete il sottoscritto per tributargli applausi o, se mi sbaglio, una sassaiola che, come dice la canzone, ovunque me ne andrò, ovunque io sarò, sempre sulla faccia prenderò.

Ai posteri, si sa, spetta l'ardua sentenza.

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Il velo è il mio primo romanzo. È fuori dal 21 aprile 2023 per le edizioni alphabeta. Lo trovi in libreria e in tutti gli store digitali. Se vuoi saperne di più leggi la scheda del romanzo.

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