"Una mostra sulla speranza nel domani al Museion di Bolzano" su Esquire

Ho visitato Hope, la mostra in corso a Museion, e ne ho scritto per Esquire Italia.

"Una mostra sulla speranza nel domani al Museion di Bolzano" su Esquire
Black Quantum Futurism - The Temporal Disruptors Digital Collage

Hope, si intitola così la mostra inaugurata a Museion alla fine di settembre e che resterà aperta fino al prossimo 25 febbraio. L'operazione curata da Bart Van der Heide, Leonie Radine e DeForrest Brown Junior non potrebbe avere dichiarazione d'intenti più esplicita rispetto ai suoi intenti: mostrare come l'arte sia in grado di ricostruire un senso di speranza di fronte all'incertezza in cui siamo immersi.

Per farlo, Hope espone una serie di opere che, dalla vaporwave all'afrofuturismo, dallo steampunk alla science fiction, attingono in modo evidente a immaginari ed estetiche tratte dalla cultura pop.

È interessante notare, come ha fatto lo scrittore Claudio Kulesko commentando il lancio dell'articolo su Facebook, che un'operazione del genere corra il rischio di appartenere "già al passato - dopo essere stata neppure l'altro ieri, tra l'altro".

Non ha torto Claudio. Annotavo nei miei appunti, visitando la mostra, che "quando il discorso dell'arte contemporanea si confronta col futuro a essere recuperati sono estetiche e immaginari nate, elaborate e fruite fuori dai suoi circuiti."

Un gesto che a quel discorso e alle sue istituzioni pone una questione centrale rispetto a quale è il ruolo che esse vogliano giocare nella costruzione del futuro: un ruolo attivo, propulsivo, o un ruolo passivo, archivistico?

Non è una domanda semplice a cui rispondere e, forse, non è una domanda che può avere una risposta secca. Può aiutare a trovare una risposta recuperare ancora una volta il concetto di semiosfera per come è stato elaborato da Lotman.

💎 Fermati un attimo! 💎

Ti piace leggere quello che scrivo e pensi che le cose che faccio siano importanti? Con una piccola donazione puoi aiutarmi a continuare in modo libero e indipendente.

Fai una donazione

Pensando il mondo della cultura in base a quell'idea, per cui esiste una periferia dove vengono tradotti ed elaborati concetti altri che, progressivamente, si muovono verso un centro burocratizzato e gramamticalizzato, è evidente che un'istituzione come Museion si collochi in prossimità del centro della sua semiosfera di riferimento.

Quello che recepisce, dunque, è effetivamente qualcosa di già passato, di già accaduto. Ciò non toglie che il ruolo di un'istituzione di questo genere sia anche quello di mediare certi concetti, estetiche e immaginari per un pubblico che non ha né i mezzi né un accesso alla periferia della semiosfera.

Vuoi o non vuoi, questa mediazione non è solo un gesto importante. È anche la certificazione che concetti, estetiche e immaginari nati nel brodo di coltura delle sottoculture non hanno ancora esaurito la loro forzae, soprattutto, sono ancora disponibili a un'ulteriore elaborazione.

Un'elaborazione che avviene con gli strumenti della cultura "alta" e permette loro di entrare in relazione con discorsi ulteriori rispetto a quelli che esprimevano al momento della loro elaborazione.

Come mostra con efficacia Valentina Tanni in Memestetica, viviamo in un'epoca in cui le tecniche artistiche d'avanguardia sono patrimonio dell'intelletto comune e possono essere praticate con facilità da chiunque grazie alla democratizzazione degli strumenti d'espressione resa possibile dalle tecnologie digitali.

A questo cambiamento, il museo reagisce dunque facendosi, come accade in Hope, collettore e mediatore di concetti, estetiche e immaginari che, tra le sue mura, diventano disponibile per un rilancio e un'elaborazione che li apre a nuove connessioni, a nuove relazioni e, in ultima istanza, a nuove dimensioni produttive.

La mostra è caratterizzata infatti da un susseguirsi di soglie e limiti attraverso i quali il visitatore scivola, abbandonando progressivamente la realtà che lo circonda per immergersi nella dimensione altra, aliena, dei mondi futuristici che Hope costruisce per lui.
Una mostra sulla speranza nel domani al Museion di Bolzano
L’ultimo capitolo del progetto Techno Humanities è dedicato all’arte come costruzione di mondi, per fondare una nuova speranza nel futuro che ci attende. Ecco Hope, in corso fino al 25 febbraio 2024.

Continua a leggere "Una mostra sulla speranza nel domani al Museion di Bolzano" su Esquire