(ri)velato #8 - letteratura e cambiamento climatico

Sul modo in cui la letteratura dovrebbe riflettere il nostro rapporto con un clima che cambia. (ri)velato: spin off, curiosità e dietro le quinte del mio primo romanzo.

Una tromba d'aria si abbatte sulla città di Cernusco sul Naviglio, luglio 2023.
Grosse nubi grigio scuro ribollivano sopra la Mendola, screziate da riflessi giallognoli. Un ruglio riempiva l’aria. La tempesta si avvicinava alla città. Impossibile stabilire il momento e il luogo in cui aveva preso forma, ma potevo ricostruire la catena di eventi che aveva dato avvio al fenomeno. Un bombardamento a tappeto di raggi UV aveva picchiato con forza contro la montagna. A mazzi, i raggi prodotti dal sole d’agosto si erano gettati in picchiata su lastre e sfasciumi, trasformando le rocce e i pendii in un’unica, mastodontica piastra rovente che assorbiva l’enorme quantità di radiazione, facendo sistema coi campi e l’asfalto, a valle e in città. L’aria, resa più calda e leggera dal contatto con una di queste superfici, aveva cominciato a salire. E mentre galleggiava, la bolla termica aveva incrociato un flusso d’aria fredda che le aveva soffiato sulla coda, incalzandola verso gli strati più alti dell’atmosfera. Lì, nel cuore del cumulonembo, violente correnti ascensionali raggiungevano velocità vicine ai cento chilometri orari, tramutandosi a terra in folate che scuotevano i lampioni e con la loro forza quasi piegavano l’insegna di latta del passaggio pedonale, ritmando l’oscillazione delle luci arancioni che illuminavano la strada.

È un mite pomeriggio all'inizio di novembre dello scorso anno. Mio figlio e io camminiamo lungo il vicolo in cui si trova la scuola dell'infanzia che Ettore frequenta ormai da qualche mese.

Il profido della pavimentazione emana un piacevole tepore, che invita a slacciarsi la giacca. Saltellandomi a fianco, il piccolo canticchia una filastrocca che va ripetendo ormai da qualche giorno. La filastrocca dice così:

L'autunno è la stagione, delle foglie che cadono giù giù giù/e se c'è un'acquazzone, l'ombrellino lo apro quassù sù sù.

Di acquazzoni, però, nel novembre del 2022, non se n'è visto nemmeno uno. La pioggia poi sono diversi mesi che non cade in quantità ragguardevoli e, certe mattine, quando il sole inizia ad alzarsi sull'orizzonte, l'aria ha il colore grigiastro e giallognolo delle polveri sottili in sospensione.

Non è nemmeno la prima volta che accade, anzi.

Negli ultimi anni, gli autunni miti e siccitosi sembrano essere diventati il new normal, ma per la scansione del tempo insegnata a scuola, novembre e ancora e sempre il mese degli acquazzoni e delle foglie che cadono giù giù giù.

Sempre più evidenti, gli effetti del riscaldamento globale di origine antropica stanno ridefinendo il contesto in cui viviamo le nostre vite.

L'ondata di calore che ha investito l'Italia nel corso del mese di luglio appena trascorso - che è stato il più caldo della storia - è solo l'ennesimo, l'ultimo in ordine di tempo, di questi segnali.

Il caldo estremo ha significato temperature brucianti, ben al di sopra delle medie stagionali, al sud e violentissime tempeste di pioggia e grandine al nord. Condizioni che, così prevedono gli scienziati, si ripeteranno sempre più di frequente, ridefinendo il nostro concetto di quotidianità, facendoci scivolare nella nuova normalità a cui la crisi climatica ci costringe ad abituarci.

Prendere coscienza di questo scivolare lento e costante mi spinge a domandarmi in che modo la letteratura dovrebbe relazionarsi al cambiamento climatico e ai suoi effetti.

Il velo è stato ed è anche un modo, il mio modo, per provare a confrontarmi con questa domanda e abbozzare una risposta.

Quello descritto nel romanzo è infatti un clima che già risente degli effetti del riscaldamento globale e la crisi climatica non è qualcosa che si aggiunge alla narrazione, ne è un elemento dal carattere atmosferico.

Essa non viene detta, semplicemente c'è ed è.

Erano i primi giorni di dicembre, non pioveva da due mesi e la siccità minacciava la stagione sciistica. Solo, di fronte al deserto di un documento digitale, ascoltavo il mio cervello ronzare al ritmo del cursore che appariva e scompariva. Fuori dalla finestra nubi marroncine si sollevavano dai cantieri della zona industriale; vorticavano nell’aria, simili a sciami di insetti impazziti.

Sono, queste citate qui sopra, le prime righe del primo capitolo de Il velo, quello che sanciscono come l'universo narrativo del romanzo sia un universo narrativo in cui la normalità è già la nuova normalità della crisi climatica.

Tutte le vicende della trama si svolgono così sullo sfondo di questa presenza che è sì avvertita dai personaggi ma, allo stesso tempo, sembra essere da loro data come per scontata.

Semplicemente, come dicevo, c'è ed è.

Salutai Sara sulle scalette del locale. Lei fece per andarsene, ma mentre cercavo in tasca le chiavi della macchina si voltò e tornò indietro. «La prima cosa che hai detto» mi disse «è che il paesaggio è cambiato. Hai ragione. Ma hai fatto caso a quanto velocemente ci stiamo abituando a questo cambiamento?»

Nel suo darsi ed esserci, però, la crisi climatica e i suoi effetti non operano solo come uno sfondo sul quale agiscono i personaggi.

Essi sono consapevoli, come non possiamo più non esserlo noi, della presenza di questo elemento atmosferico che li circonda e retroagisce sulle loro esistenze.

È come se i personaggi fossero in grado, in qualche modo, di percepire l'iperoggetto che li avvolge.

Sentono, per così dire, lo sguardo dell'antopocene su di loro come un orrore cosmico e anche se non agiscono di conseguenza ogni loro gesto implica questa consapevolezza.

È in questo modo che ho provato a fare de Il velo un romanzo dell'antropocene: non descrivendolo, ma assumendone gli effetti come qualcosa che, appunto, c'è ed è ed è qui per restare.

Credo, nel mio piccolo e con tutti i difetti che pertengono a un romanzo d'esordio, che questo sia uno dei modi in cui la letteratura possa assumersi la responsabilità di raccontare il riscaldamento globale, come qualcosa che esiste già ed è già in azione, modificando la dimensione atmosferica in cui ci è dato vivere le nostre vite.

Senza l'azione della letteratura per rimappare la percezione della realtà che ormai ci circonda, la presa di coscienza del riscaldamento globale e dei suoi effetti non sarà né semplice né scontata.

Diversamente tutto continuerà a esistere come nella filastrocca con cui mio figlio, a dispetto della sua capacità di inferire correlazioni ancora in formazione, ha imparato, in un mese di novembre caldo e siccitoso, una formula di scansione del tempo che ne determinerà la comprensione del mondo per gli anni a venire.

Se di fronte alla crisi climatica in atto c'è un gesto etico di cui la letteratura dovrebbe farsi carico io credo che si tratti proprio di questo sforzo a raccontare la realtà per come è già cambiata.

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Il velo è il mio primo romanzo. È fuori dal 21 aprile 2023 per le edizioni alphabeta. Lo trovi in libreria e in tutti gli store digitali. Se vuoi saperne di più leggi la scheda del romanzo.