(ri)velato #2 - Come cala il velo
Dove si parla di turismo, masse e limiti che limiti non sono. (ri)velato: spin off, curiosità e dietro le quinte del mio primo romanzo.
Nella prima puntata di (ri)velato, ho descritto il velo che dà il titolo al romanzo come la sopravvivenza di un immaginario che, mentre lo vende, dà forma a un'immagine dell'Alto Adige la quale finisce per retroagire sull'identità di chi lo abita, plasmandola in base ai suoi falsi miti di purezza.
In questo senso, il velo è qualcosa che nasconde e occulta, qualcosa che cala dall'alto e si appoggia sulla pelle, le vite e le esperienze di chi abita questa terra, sovradeterminandole con le sue immagini.
Alex, il protagonista del romanzo, soffre questa condizione nel momento in cui esce dai confini dell'Alto Adige e si rende conto che, in quanto altoatesino, non gli è dato lamentarsi perché "su da voi si vive bene" e "siete sempre primi nelle classifiche per la qualità della vita".
Fattuale, certo, ma difficilmente una classifica esaurisce una rete di esistenze complessa e sfaccettata come lo sono le reti di esistenze che si stringono in una qualsiasi città o provincia.
Sollevare il velo, però, non è facile. Il velo esiste grazie al concatenamento di ideologia, marketing, interessi economici e politici. Una mega-macchina estremamente efficiente che muove il pesante dispositivo di potere che regola il funzionamento del velo.
La si può vedere all'opera nella cronaca di questi giorni, che riporta, con toni trionfali, la notizia secondo cui l'Alto Adige ha trovato una soluzione al turismo di massa.
Ovvero un meccanismo di regolamentazione del numero dei posti letto disponibili per ogni comune della provincia, che introduce restrizioni all'afflusso turistico.
Ne ha parlato perfino la sezione travel del sito della CNN, dovrà per forza essere qualcosa di innovativo, no?
Ma se ci si spinge poco oltre il titolo si può vedere come il limite fissato al numero di posti letto disponibili in Alto Adige è di 34 milioni, pari al numero di pernottamenti registrati nel corso del 2019 (2,8 milioni in media al mese), un anno record per il turismo locale, che, prendo in prestito le parole contenuto nello studio Ambizioni di sviluppo territoriale in Alto Adige Verso una nuova cultura del turismo del centro di ricerca Eurac, ci ricorda come:
il turismo in Alto Adige lavora sempre più ai limiti della sua sostenibilità sociale, ecologica e, in ultima analisi, anche economica.
Limiti che questo regolamento, accolto con tanta enfasi e già preso a modello da altri territori, non fa nulla per mitigare ma, al contrario, cristallizza, indifferente a quei disagi e difficoltà - dal traffico senza controllo ai fenomeni di gentrificazione ed espulsione a essa connessi - che un tale numero di pernottamenti comporta per chi abita il territorio e che il provvedimento si vanta di aver risolto.
La realtà, invece, è che questa decisione non intacca di una virgola gli interessi che alimentano il turismo di massa e permette di conservare lo status quo presentandolo come una soluzione rivoluzionaria, in grado di confermare quella natura eccezionale dello spirito sudtirolese che fa parte della stessa costruzione identitaria nutrita di falsi miti di purezza per descrivere la quale ho usato l'immagine del velo.
Ancora una volta, la strada per resisterle è la costruzione di dieci, cento, mille narrazioni alternative, in grado fratturare l'immagine totalitaria dell'Alto Adige in un caleidoscopio di prospettive.