Più Libri Più Liberi #spiegatomolotov. Un reportage intempestivo

Anche quest'anno, per il terzo anno consecutivo, ho partecipato a Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria che si svolge ogni anno, a Dicembre, nel Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi dell'EUR a Roma.

Più Libri Più Liberi #spiegatomolotov. Un reportage intempestivo

1 Intro: Benzina

Anche quest'anno, come da tre anni a questa parte, sono andanto a Più Libri Più Liberi. E anche quest'anno, come accade da tre anni a questa parte, il mio status in fiera è migliorato. Nel 2012 infatti sono entrato a Più Libri Più Liberi pagando il mio bravo biglietto d'ingresso, che quest'anno costava 7€ e di solito te lo scontano se presenti il BIT, Biglietto Integrato a Tempo, che poi non è altro che il biglietto dei mezzi pubblici di Roma. Peccato che nel 2012 in fiera ci fossi arrivato col motorino della mia compagna, per cui pagai il prezzo pieno.

Fortunatamente mi sono rifatto l'anno successivo, nel 2013, dato che proprio pochi giorni prima della fiera era uscito Su Facebook e dato che l'editore, :duepunti, partecipava alla fiera, sono entrato come operatore professionale, la categoria che quest'anno gli organizzatori hanno provato a far pagare senza riuscirci. Ovviamente, abituato bene dall'esperienza del 2013, che mi aveva dimostrato che non pagando i 7€ d'ingresso potevo acquistare libri per oltre 100€ secondo un non meglio identificato rapporto di causa/effetto, anche nel 2014 ho fatto di tutto per entrare gratis.

E ci sono riuscito giocandomi la carta della mia collaborazione con un progetto editoriale di un notissimo marchio italiano di news che qui non rivelerò. Così come non rivelerò i magheggi che mi hanno permesso di ottenere l'accredito stampa e con lui il magnifico cartellino arancione che dava accesso alla sala stampa. Una sala stampa che "non offre mica i privilegi che offre a Torino", come ci ha tenuto a ricordarmi qualsiasi altro accreditato con uno status superiore al mio, ovvero gli "espositori" e i "relatori". Sticazzi perlomeno c'era internet, e gratis, mentre il caffè ho provveduto a scroccarlo agli amici.

Più Libri Più Liberi si svolge all'EUR, il quartiere di costruzione fascista nel quadrante sud-orientale di Roma. Più precisamente, il meglio della piccola e media editoria nazionale si sistema ogni anno nella scenografia del Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi.

Il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi è un astrocargo in cemento armato, rivestito di travertino. Progettato da Adalberto Libera nel 1937, fu iniziato nel 1938 e portato a termine nel 1954.

Mano a mano che ci si avvicina a questo fascistissimo bastimento spaziale, l'impressione è quella di venire rimpiccioliti dalla sua mole. La scalinata monumentale aperta sulla salitella di piazza John Fitzgerald Kennedy è un radiofaro traente, attraverso cui decine di migliaia di visitatori fanno, ogni anno, il loro ingresso nelle sale che ospitano la fiera. I varchi d'entrata sono due porte poste al lato destro e a quello sinistro del colonnato e, più che entrare, nella o dalla fiera si viene risucchiati.

Una volta entrati nel ventre di questa monolitca astronave madre è lecito domandarsi se, durante il processo di smolecolarizzazione e rimolecolarizzazione a cui la salita della scalinata ci ha sottoposto, non si sia verificato un qualche bizzaro fenomeno di inversione delle proporzioni. Tanto è imponente la struttura esterna dell'edificio quanto i suoi spazi interni finiscono per risultare inspiegabilmente angusti.

Fatta eccezione per l'atrio marmoreo - in cui trovano posto una serie di stand i cui prodotti, con rare eccezioni, non solleticano mai, in alcun modo, il mio interesse - il resto delle sale interne è caratterizzato da un sistema vascolare, fatto di bugigattoli e strozzature, in cui l'ansia da acquisizione di prodotti culturali pompa, come un enorme e fiacco muscolo cardiaco, decine di migliaia di corpi ogni anno. Mentre gli stand agiscono come occlusioni arteriose intorno a cui si formano grumi di sostanza ematica intenta a sfogliare le novità del momento o a compulsare scaffali alla ricerca di titoli altrove introvabili.

Andare da un punto A a un punto B, nelle ore di punta di Più Libri Più Liberi, che sono solitamente il pomeriggio del sabato e della domenica, tra le 15.00 e le 18.00, significa esporsi a una continua collisione fra corpi, scambio di secrezioni e indesiderata vicinanza promiscua.
Circostanza che, nella mia mente, solleva immancabilmente distrubanti scenari da outbreak zombie, dove gli infetti mordono implacabilmente i soggetti sani, immobilizzati nella calca dei corpi.

Se non lo si fosse capito, non ho molto in simpatia le situazioni di affollamento. Specie quando si verificano in luoghi angusti dove la temperatura tende a salire rapidamente.

L'unico possibile riparo dalla calca vascolare del Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi è il loggione posto al primo piano. Da qui, impassibili addetti ai lavori possono contemplare il brulicare dei corpi alla ricerca del punto esatto in cui si verificherà la tragedia o, al limite, baloccarsi nello sputare in testa a un malcapitato competitor sottostante.

Ovviamente l'accesso al loggione è riservato a visitatori con uno status superiore al mio. Lo splendente cartellino arancione, per quanto consenta l'accesso a internet, mi condanna inevitabilmente a una morte orribile.

Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi

2 Day one: Bottiglia

Mi sottopongo al processo di smolecolarizzazione/rimolecolarizzazione nel primo pomeriggio di Sabato 6 Dicembre.

Dando uno sguardo ai dati AIE sulla piccola e media editoria contenuti nel folder - illustrato magnificamente da Olimpia Zagnoli, che quest'anno cura tutta la comunicazione visiva della fiera - che mi viene consegnato nella sala stampa, la cosa che salta all'occhio è la sfilza di segni meno che fa mostra di sé nell'ultima colonna della tabella.

Qui viene riportato il differenziale (Delta) delle singole voci, nel periodo 2012/2013. Non è certo uno strumento indispensabile per capire che l'editoria sta attraversando una crisi profonda e sistemica, per rendermene conto mi basta arrivare allo stand di :duepunti editore, che lo scorso anno aveva pubblicato il mio lavoro Su Facebook. Pochi giorni dopo la fiera Andrea, Roberto e Giuseppe hanno annunciato che non lavoreranno ad altri titoli, per concentrarsi, durante il 2015, sul catalogo esistente.

Ma a volte strisciare i polpastrelli sulla grana rugginosa dei numeri può essere salutare.

Colpisce, fra questi, il -21,5% di professionisti che la piccola e media editoria ha perso in questi ultimi anni. E forse è proprio in ragione di questo dato che nasce la decisione, poi ritirata, degli organizzatori di escludere una vasta fetta di operatori professionali dall'accredito che dà diritto all'ingresso gratuito in fiera. Che qualche editore si sia lamentato dell'elevata presenza di aspiranti redattori, editor, grafici, social media manager che ogni anno popolano la fiera proponendo il loro curriculum nella speranza di ritagliarsi un posto nella filiera editoriale?

Unica voce a riportare il segno positivo davanti alle cifre è la percentuale delle piccole e medie case editrici che offrono ebook all'interno del loro catalogo: +40,5%. Viene da domandarsi se sia davvero sensato che l'unica voce d'investimento dei piccoli e medi editori italiani sia un mercato che oggi vale circa il 3% del totale e i cui standard tecnologici e di fruizione appaiono ancora tutt'altro che definiti.

Comunque queste sono osservazioni che faccio a posteriori. Nelle poche ore di sabato che trascorro in fiera le mie preoccupazioni sono ben altre, nella fattispecie riuscire a tenere il passo di due amici scrittori che, alla ricerca di un caffé, solcano i corridoi del Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi con la stessa decisione di uno Juggernaut. Io sono abbastanza provato dalla combo sveglia-treno-pranzo cinese che ho sulle spalle e fatico a tenere il loro passo più o meno tanto quanto fatico a comprendere la geografia di gossip, scazzi e stalking che tratteggiano durante la loro ricerca.

Mollo il colpo ben prima di quanto credessi.

In ogni caso la mia prima incursione in fiera si esaurisce in poche ore. Verso le 18.30 esco dal retro dell'edificio e mi dirigo verso il centro di Roma. Alle 19.00 era prevista la presentazione di Stupidi Giocattoli di Legno allo Spin Time Labs. Il Duka, che dovrebbe introdurre la presentazione, mi chiama due volte per posticipare. "Ahò amo organizzato la presentazione quanno gioca la Rreoma, ma chi ce viene?" Piuttosto logico, d'altronde.

Insomma alla fine, tra una cosa e l'altra, la presentazione attacchiamo a farla verso le 21, se non ricordo male. È in diretta radiofonica, trasmettiamo dal seminterrato di un palazzone dell'INPDAP, che da circa un anno è un'occupazione abitativa. Per chi come me viene dalla provincia autonoma l'idea stessa di occupazione abitativa ha la consistenza evanescente delle favole, per cui l'impatto con il posto è di quelli che lasciano il segno. Anche perché l'edificio è impressionante per dimensioni e spazi. Un labirinto di corridoi da cui, ogni tanto, spunta qualcosa che non ti aspetteresti: dalle carrozzine ordinatamente parcheggiate nell'androne del palazzo a un vero e proprio auditorium.

Gli occupanti, che non hanno proprio piacere che sconosciuti qualunque entrino nell'occupazione e che, se non ho capito male, fanno capo ad Action, mi stupiscono per organizzazione. Oltre ad aver tirato su un'osteria che serva una birra artigianale gradevolissima, torbida, amarognola e leggermente aggrumata che gradisco parecchio, all'entrata montano la guardia di fronte a uno schermo che manda le immagini delle telecamere a circuito chiuso con cui sorvegliano l'edificio.

Il dettaglio è di quelli che lasciano stampate le cinque dita sulle guance. Un'occupazione è precaria per antonomasia, e va difesa. Hai detto cazzi.

Comunque la presentazione fila via liscia, tra giolle e birrette. Il Duka è un piscio e fa da perfetto anfitrione. Io ci metto del mio per riportare la conversazione nei binari, quando questa deraglia, ma nel complesso la serata va più che bene.

Finita la presentazione facciamo rotta verso il Pigneto insieme a Luca Pisapia, che nel frattempo ci ha raggiunti. Per le strade di Roma tiene banco la vicenda di #MafiaCapitale e sembra che tutti abbiano qualcosa da aggiungere al fosco mosaico di intrecci politico-affaristico-criminale. Un aneddoto, un insight, un'opinione. Tutto appare collegato e il connect the dots pare essere l'esercizio più in voga in un sabato sera romano che appare meno brillante e più sciupato del solito. Come se qualcosa, nella sintonia dell'immagine della Capitale, si fosse irrimediabilmente guastato.

In ogni caso passiamo la serata da Tuba e per la prima volta in due anni salto il tradizionale party di Minimum Fax, domandandomi più volte se, finalmente, quest'anno avessero cambiato musica.

3 Day two: Stoppino

Quando racconto che per il week end di Più Libri Più Liberi siamo ospiti da un amico che abita a Spinaceto, ogni persona cita il Nanni Moretti di Caro Diario. Immancabilmente e con buona pace di quelli che sostengono che Nanni Moretti non se lo sia mai inculato nessuno al di fuori della sinistra al caviale. Affermazione smentita, per l'appunto, dal rateo di citazioni su Spinaceto a cui vengo sottoposto nell'arco di pochi giorni.

Il mio primo impatto con questo quartiere posto al di fuori della cintura del GRA avviene nella mattinata di Domenica. Nonostante la stanchezza accumulata il sabato, con la combo sveglia-partenza-pranzo-fiera-presentazione-serata, la sveglia suona abbastanza presto. Il mio obiettivo è essere a bordo dell'astronave entro mezzogiorno per poter ascoltare l'incontro con Diego Enrique Osorno.

Verso le dieci e mezza quindi metto il piede fuori di casa e faccio il mio ingresso a Spinaceto. Casa di Giuseppe, l'amico che ci ospita, è proprio alle spalle di una scenografia di palazzoni di cemento dall'aspetto popolare. E questa pare essere una caratteristica dominante della zona, dove i palazzoni fanno da quinta per schermare un intrico di vicoli e viuzze sorte intorno a case basse che ricordano certe località di mare. Una caratteristica distintiva di molte altre periferie romane.

Il cielo è di un azzurro intenso, di quelli che soltanto il centro Italia sa regalare. Il vento ci ha dato dentro di ramazza durante la notte e, nonostante l'aria sia piacevolmente frizzante e pulita, fa abbastanza caldo da spingermi a uscire senza cappotto.

A bordo del 706 mi godo un tour sightseeing che dai palazzoni di Spinaceto mi porta verso l'Eur attraversando la line di demarcazione rappresentata dal GRA. Alla mia sinistra si erge, poco prima di scivolare in una zona di ville con giardino punteggiata di asili nido, la mole del centro commerciale Euroma 2 con la sua inconfondibile forma di rampa di lancio. Se il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi somiglia a un astrocargo, Euroma 2 ha tutte le caratteristiche per esserne lo spazio porto.

L'autobus, appena meno del treno ma molto di più dell'aereo, è uno spazio promiscuo. Viaggiando su un autobus basta pochissimo per entrare in contatto con l'indistinta massa umana dei tuoi compagni viaggiatori. Il contatto, nel mio caso, è propiziato da una semplice richiesta d'informazioni alla quale risponde un ragazzo napoletano. Sta andando all'Angelus del papa, mi comunica mettendo in discussione la mia definizione di "cosa da fare almeno una volta nella vita", e dopo cercherà un posto dove guardare la partita del Napoli che, per sua sfortuna, finirà con la sconfitta della squadra partenopea.

Poco dopo sono di nuovo risucchiato in fiera, perfettamente in orario per raggiungere la sala dove, di li a poco, Diego Enrique Osorno presenterà Un cowboy attraversa la frontiera in silenzio, il suo nuovo libro.

L'incontro sarebbe anche interessante se non venisse funestato dall'introduzione a cura di due giornalisti italiani, preceduti dall'intervento in video di un Saviano in versione Mago di Oz, che per tre quarti d'ora abbondanti (e infiniti) si dedicano a un aneddotica spicciola raccontando le loro esperienze di narrazione della mafia siciliana. Il che, di per sé, sarebbe anche interessante, ma io preferirei ascoltare direttamente Osorno anche perché i continui accostamenti tra l'Italia delle stragi di mafia e la guerra che vive il Messico di questi anni mi appaiono quanto meno inappropriati. Senza nulla togliere alla drammaticità di quel periodo della nostra storia, i numeri che raccontano la violenza dell'intreccio di politica, economia e criminalità che governa il Messico di oggi mi paiono incomparabili.

Il racconto di Osrono è inquietante perché tratteggia un Messico dove non si combatte una guerra tra lo Stato e la criminalità organizzata, come potrebbe apparire informandosi dall'esterno. Bensì una situazione in cui lo Stato è talmente coinvolto nei diversi grumi di malaffare da rendere ogni distinzione talmente sottile da essere inesistente. Necropolitica, la definisce Osorno più volte, una parola che suona straordinariamente calzante per i suoi racconti. Alla fine dell'incontro, prima di andarmene, acquisto entrambi i libri del giornalista messicano.

Il resto della giornata trascorre nella classica routine da fiera che comprende il bighellonaggio tra gli stand, chiacchere con amici vari e l'assunzione di un numero di caffè ben più alto della media a cui sono abituato. Rompono il meccanismo soltanto il litigo bonario tra due amici, a cui assisto rammaricandomi di non scrivere per Satisfiction, e il tentativo di seguire un incontro col direttore de L'Espresso dedicato alle strategie digitali della testata. Io e l'amico che coinvolgo nell'impresa smolliamo il colpo in tempo record, storditi dalla massa di banalità fuori tempo massimo che ci siamo autoimposti di ascoltare, confermando così una regola non scritta di Più Libri Più Liberi che vuole che se il primo incontro a cui assisiti ti lascia qualcosa, i successivi non potranno che essere delle cocenti delusioni.

4 Day three: Accendino

Lunedì 8, lo so da almeno un mese, il programma di Più Libri Più Liberi offre un incontro a cui non posso assolutamente mancare. In sala Smeraldo, a mezzogiorno, presentano Bomber. La storia di un numero nove normale (o quasi). Sono annunciati, insieme a Roberto Pruzzo, il bomber a cui si riferisce il titolo del libro, Bruno Conti, Mario Sconcerti e, soprattutto, Luciano Moggi.

La prima volta che ho letto il nome di Luciano Moggi non riuscivo a crederci. Big Luciano e io avremmo potuto essere nella stessa stanza, insieme. Per me, che sono cresciuto con il coro "Moggi, magari muori oggi", si tratta di un'occasione unica. Ho già in mente il titolo perfetto per il racconto che voglio fare su quest'imperdibile occasione. Ho respirato la stessa aria di Moggi. Non sto più nella pelle, come un bambino la viglilia di Natale, comunico con eccessiva eccitazione questa notizia a chiunque mi capiti a tiro, e mi rendo conto che al 90% delle persone il fatto che Luciano Moggi sarà a Più Libri Più Liberi non interessa affatto.

Comunque riesco a convincere almeno il Pisapia, che per non smentire la sua fama di hater e potendo facilmente ottenere un accredito, si presenta puntualissimo in fiera per accompagnarmi a respirare la stessa aria viziata che di lì a poco respirerà Luciano Moggi.

Peccato che, alla fine della fiera, di Moggi e pure di Sconcerti, a Più Libri Più Liberi non se ne veda alcuna traccia. Non un piede caprino e nemmeno un sentore, anche il più vago, di zolfo. Bruno Conti a parte, ad accompagnare Pruzzo nella sua carrellata di ricordi ci sono una serie di cariatidi che, mi informa il Pisapia, fanno capo alle diverse radio locali vicine alla Roma. Sprofondo in una depressione cupissima. È l'ennesimo colpo basso di Lucianone. Il vertice della triade manda a monte le mie velleità di scrivere un post tagliente e ironico, cinico e profondo, per raccontare il mio rapporto con una figura che ha popolato i miei incubi di tifoso interista.

Luciano Moggi

Derubato della mia anima, esco dalla presentazione della biografia di Pruzzo con il morale sotto i tacchi e una fame atavica, che colmiamo in compagnia al McDonalds più vicino, vista l'impraticabilità dei bar immediatamente adiacenti alla fiera.

Il pomeriggio trascorre veloce e prima di salutare gli amici mi restano da fare gli ultimi acquisti. Nonostante non abbia ancora terminato di leggere una buona metà dei libri acquistati lo scorso anno, compro ugualmente una decina di libri, maledicendo la mia compulsione all'acquisto.

Verso le 16.15 esco dalla fiera. Lo zaino mi pesa sulle spalle mentre mi dirigo alla fermata della metro. Quest'anno, visto che non sono riuscito a trovare posto sull'ultimo treno utile per rientrare a Bolzano, ho deciso di affidarmi a uno sconosciuto driver trovato attraverso il famoso sito BlaBlaCar. È la prima volta che utilizzo il car sharing, tutti me ne parlano bene, ma io sono abbastanza diffidente. Anche se non particolarmente spiccata, la misantropia può essere annoverata tra i miei tratti distintivi. Sono uno di quelli che, se può, sul treno si siede sempre nel posto singolo. Quello all'inizio della fila, con nessuno accanto. Perciò è facile immaginare come mi senta all'idea di dividere la promiscuità di un abitacolo con cinque sconosciuti.

Raggiungo il rendez-vous e il primo impatto coi miei compagni di viaggio è positivo. Sembra gente simpatica, tipi a posto, più adulti dei miei 30 anni, ma regolari. Tiro un prematuro sospiro di sollievo, potrei averla scampata. E invece no. I primi 45 minuti di viaggio, utili nemmeno per uscire dalla conurbazione della Capitale, sono uno stillicidio. Così come per strada, anche dentro gli abitacoli, tiene banco #MafiaCapitale. Da lì è un secondo: Alemanno, Marino, Carminati, NAR e brigatisti sono solo il fragile tappo di un vaso di Pandora da cui escono prima gli immancabili Rom, che non vogliono integrarsi. E noi paghiamo! Ai Rom seguono le malefatte di una politica che è sempre e soltanto cosa altra da noi, che io signoramia sia mai se al posto loro ruberei un centesimo. Si chiude in bellezza con una disquisizione sulla mancanza di valori dei giovani, spaziando tra droga, alcool e sesso minorenne. Per fortuna mi vengono risparmiati i Marò, ma è solo un caso.

A quel punto, piegato da tre giorni di fiera, squassato dal tradimento di Big Luciano, con soltanto un Crispy MacBacon nello stomaco, collasso. La testa comincia a pulsare e la ripiego sulla plafoniera dell'automobile. Siamo in cinque, pressati tra i sedili. Scomodo e rintronato mi abbandono a un sonno agitato, scosso di quando in quando dalla tempesta di BlaBla che si scatena all'interno della Car. Chiudo gli occhi salmodiando la trinità e tutti i santi del calendario.

Big Luciano, mormoro prima di cadere nel sonno, perché mi hai abbandonato.