"L’invasione dell’Ucraina tre anni dopo: lo stato del conflitto e le incognite per l’Europa" su Valigia Blu
Una valutazione della situazione sul fronte ucraino, mentre intorno il mondo muta per sempre.

Alla fine di febbraio l'invasione dell'Ucraina è entrata nel suo quarto anno. Lo ha fatto mentre il mondo intorno al fronte mutava in un modo apparentemente irreversibile.
Dal giorno del suo insediamento, il neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha agito con scioccante rapidità per ridisegnare gli assetti globali, mettendo le basi per quello che appare in modo sempre più chiaro un asse USA-Russia.
Un avvicinamento che ha la Cina nel mirino: indebolire l'alleanza tra Putin e Xi, impedendo che la potenza economica cinese e quella militare russa si saldino tra di loro sembra essere infatti l'obiettivo del sacerdote MAGA.
In questa sacra rappresentazione, il ruolo che sta venendo ritagliato per il popolo ucraino sembra essere quello dell'agnello sacrificale.
L'agguato testo a Zelensky da Trump e Vance in occasione della visita del presidente ucraino negli Stati Uniti per la firma, sfumata, dell'accordo sulle risorse minerarie è stato solo il primo momento di questa sanguinosa cerimonia.
Lo hanno seguito la sospensione delle forniture militari e quella della condivisione di informazioni, due decisioni che avranno effetti sensibili e concreti sulla capacità ucraina di difendere il proprio territorio.
Una capacità che, pur tra innumerevoli difficoltà, il paese aggredito è stato in grado di mantenere nel corso degli ultimi 18 mesi.
La realtà del campo di battaglia, se la si guarda con la dovuta attenzione, oggi appare ben diversa da chi dipinge scenari catastrofici per l'Ucraina. Entrambi gli schieramenti detengono elementi di vantaggio e svantaggio sul proprio avversario e dall'analisi della situazione emerge un quadro in equilibrio.
Dunque no, l'Ucraina non sta perdendo la guerra, così come non la sta vincendo e viceversa. Il risultato del conflitto è dunque tutt'altro che scontato, anche se l'impegno dimostrato fin qui dagli Stati Uniti sta venendo tradito dall'attuale amministrazione.
Quelli di vittoria e sconfitta sono due concetti attinenti al campo della guerra. Tuttavia, applicarli a un contesto reale non è sempre così scontato come può apparire e definire chi stia vincendo o perdendo una guerra quando essa è in corso è un esercizio scivoloso.
Vittoria e sconfitta, nell’ambito bellico, sono strettamente legate a un altro concetto: quello di end state, alla lettera “stato finale”. Lo stato finale è l'insieme delle condizioni che determinano se gli obiettivi politici di un conflitto sono stati o meno raggiunti.
Nel caso dell’invasione dell’Ucraina, l’end state del paese aggredito è tutto sommato semplice da capire: respingere la forza d’invasione, liberare i territori occupati e ottenere garanzie credibili rispetto alla propria sicurezza e autodeterminazione.
Quello russo, al contrario, sembra essere più opaco e, soprattutto, fluido. Al momento, possiamo pensare di descriverlo nel modo seguente: ridefinire i confini ucraini, consolidando il controllo sulle regioni di Donec'k, Luhans'k, Zaporižžja e Kherson, e impedire che il paese prosegua il percorso di avvicinamento all’Unione Europea e alla NATO, bloccandolo o per via diplomatica o attraverso l’insediamento di un governo favorevole a Mosca.
Attualmente nessuno dei due paesi è vicino a ottenere questi risultati sul piano militare. Entrambi però possiedono elementi di vantaggio che potrebbero favorirli ed elementi di svantaggio che potrebbero ostacolarli.

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