Sound of the police - recensione e presentazione di “Il braccio armato del potere” - Bolzano 14 gennaio

Nel suo saggio dedicato alla storia delle polizie italiane, Michele Di Giorgio ricostruisce i processi da cui è emerso l'ecosistema poliziesco nazionale, condensandoli intorno a sei idee fondamentali per comprenderlo.

Profilo scontornato di un uomo sullo sfondo di una pagina di browser. Fotogramma tratto da
Olia Lialina - These Are the Things Olia Lialina Never Told Me (fotogramma)
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Martedì 14 gennaio alle 17.30 presenterò Il braccio armato del potere dialogando insieme al suo autore, Michele Di Giorgio, e all'avvocato Domenico Laratta.

Che cosa sappiamo davvero delle organizzazioni a cui è delegata la gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico nel nostro paese?

Può sembrare una domanda oziosa, ma l’esperienza ci dice che l’immagine delle forze dell’ordine e il sapere pubblico che le riguarda sono fortemente mediati dalle istituzioni e, per questo motivo, i dibattiti critici di cui sono oggetto vengono sistematicamente silenziati.

In parole più semplici, del ruolo e della funzione delle nostre polizie si parla sempre (troppo) poco.

O almeno questa è la tesi con cui si apre Il braccio armato del potere, saggio uscito qualche mese fa per nottetempo in cui lo storico Michele Di Giorgio ricostruisce l’evoluzione delle polizie italiane, raccontandone la storia intorno a sei nodi fondamentali:

  • le caratteristiche peculiari dell’ecosistema poliziesco italiano;
  • il peso della cultura militare al suo interno;
  • la composizione sociale delle polizie;
  • l’esperienza del movimento democratico che le ha attraversate negli anni ’70 del Novecento;
  • i temi della loro riforma e sindacalizzazione;
  • la questione degli abusi, violenze e torture che ne hanno caratterizzato l’azione.

Utilizzo volutamente il termine polizie, al plurale, perché, come sottolinea lo stesso Di Giorgio fin dalle prime pagine del libro, una delle caratteristiche più evidenti dell’ecosistema poliziesco italiano sono proprio le sue dimensioni mastodontiche.

Dimensioni che non hanno uguali in Europa, dovute all’elevato numero di compiti svolti dalle organizzazioni che lo compongono e da cui derivano tre evidenti disfunzionalità: pluralità, complessità organizzativa e ridotta capacità di coordinamento.

Caratteristiche che sono il risultato della lunga serie di processi storici da cui le polizie italiane sono emerse. Processi caratterizzati da evidenti fenomeni di continuità che raccontano di organizzazioni capaci di opporre una strenua resistenza al cambiamento.

Organizzazioni la cui visione del mondo si plasma a partire da elementi immateriali e materiali che ne costituiscono la peculiare cultura e si formano in opposizione rispetto a una società da cui le polizie sono, storicamente, separate per meglio svolgere quella che è stata la loro principale funzione: la repressione delle cosiddette classi pericolose.

Una funzione che è diretta espressione di un’altra delle caratteristiche principali delle nostre polizie, ovvero il legame fin troppo stretto con cui il potere politico le avvince a esso.

Quella delle polizie italiane è quindi la storia di organizzazioni tenute a distanza dalla realtà sociale con cui dovrebbero confrontarsi, una realtà che le culture che ne informano la visione del mondo descrivono come ostile e pericolosa e, perciò, da reprimere attraverso un utilizzo della forza le cui radici affondano nel legame tra esse e le istituzioni militari.

Nodi problematici che non hanno mai smesso di attraversare le polizie italiane e continuano a esercitare su di esse un’influenza, determinando così quel diffuso senso di diffidenza e ostilità che ne caratterizza la relazione con la popolazione, in particolare con i suoi strati più poveri, marginali o politicamente orientati all’abolizione o alla modifica radicale dello stato di cose esistente.

Sintetizzando in modo chiaro il dibattito accademico nazionale e internazionale sul tema, il saggio di Di Giorgio ha il pregio di fare strame della “retorica della mela marcia”, mostrando come una serie di posture, atteggiamenti e comportamenti polizieschi non siano solo il risultato dell’arbitrio del singolo ma l’effetto di un sistema che emerge da processi storici precisi e individuabili.

È proprio questa capacità di sintesi che rende preziosa l’operazione che Di Giorgio compie nel suo saggio.

Preziosa perché, non abbandonando mai il rigore che la ricerca storica impone, riesce a illuminare la complessità dell’ecosistema poliziesco italiano dando vita a uno strumento di comprensione della realtà utile proprio per la sua chiarezza e accessibilità.

Il braccio armato del potere è un saggio che non dovrebbe mancare tra le letture di chi, come un cronista, racconta la realtà o di chi, come un militante politico, quella realtà vuole cambiarla o indirizzarla. Ma anche chi, semplicemente, si dice uomo di cultura dovrebbe leggere questo libro per capire meglio ciò che lo circonda e, infine, dovrebbe leggere Il braccio armato del potere chiunque abbia a cuore la democrazia non solo come sistema politico ma come valore e concetto, perché il ruolo della polizia, che la democrazia dovrebbe proteggere e garantire, è troppo importante per non essere compreso e discusso pubblicamente.

Copertina del libro "Il braccio armato del potere".

“Il braccio armato del potere”: presentazione a Bolzano - 14 gennaio, Nuova Libreria Cappelli.

Martedì 14 gennaio, alle 17.30, presso la Nuova Libreria Cappelli, avrò il piacere di presentare al pubblico bolzanino Il braccio armato del potere in compagnia del suo autore, Michele Di Giorgio, che conosco e stimo da vent’anni.

A spingermi a farlo non è stata solo la convinzione che il libro, come ho scritto in chiusura della recensione, sia un libro importante con cui chiunque dovrebbe confrontarsi ma anche perché, da mesi, in città, fa discutere, e giustamente, l’operato del questore Paolo Sartori.

Insediatosi all’inizio dello scorso anno, Sartori si è distinto per il massiccio utilizzo di misure preventive. Misure che hanno avuto come oggetto soprattutto attivisti politici e migranti, ma anche semplici cittadini convinti che distribuire un volantino fosse un atto legittimo in un paese democratico.

Quest’uso “disinvolto” delle misure preventive ha destato perplessità e preoccupazioni a cui un libro come Il braccio armato del potere può fornire un contesto e una comprensione più ampie.

Per meglio legarlo alla cronaca locale ho invitato a dialogare insieme a Michele Di Giorgio anche l’avvocato bolzanino Domenico Laratta, responsabile della difesa di uno degli attivisti oggetto di un provvedimento di allontanamento dalla città.

È mia ferma convinzione che, priva della capacità di incidere sulla realtà che la circonda, la cultura sia solo un esangue sfoggio di erudizione e privilegio e questa presentazione è il modo in cui provo a essere coerente con le cose che penso.

Locandina presentazione: Il braccio armato del potere, 14 gennaio 2025, ore 17.30, Nuova Libreria Cappelli, Bolzano.

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