Sabotage will (not) set us free

Un ricordo personale dei Refused a venticinque anni dall'uscita di uno dei dischi più influenti del punk contemporaneo: The Shape of Punk to Come.

Ritaglio dalla copertina di The Shape of Punk to Come Obliterated.

Non ho un ricordo preciso del momento in cui entro per la prima volta in contatto con la musica dei Refused. Penso accada in un giorno qualsiasi di un mese qualsiasi di un anno a cavallo tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni '00 del duemila. Però ricordo bene come lo faccio o, meglio, attraverso cosa lo faccio: una cassetta VHS.

Il dettaglio mi diverte, perché giusto l'altro giorno un amico è passato da casa a riportarmene un paio che gli avevo prestato qualche anno fa. Prima di offrirgli un caffè le ho appoggiate su un mobile, dicendomi che più tardi avrei trovato loro un posto.

Cosa che non ho fatto e, così, quando è rientrato da scuola, mio figlio di sei anni le ha notate e a iniziato a studiarle con quella buffa curiosità che i bambini hanno verso le cose degli adulti.

Dopo averle esplorate da solo per un po', mi ha chiesto cosa fossero quegli strani oggetti di plastica e, spiegandoglielo, ho sentito addosso tutto il peso di questo tempo di vertiginose accelerazioni sociali e tecnologiche che pensavo di conoscere bene ma, invece, in quel momento ho capito di non saper davvero spiegare se non in modo confuso e balbettante.

In ogni caso, tra quelle cassette Flames Still Burns non c'era. Si chiamava così (grazie Google!) la video compilation dell'etichetta discografica Burning Hearts Records che è l'origine della mia relazione coi Refused.

Anche in questo caso la memoria mi fa difetto; non ho idea a chi appartenesse quella cassetta, so solo che girava nel mio gruppo di amici e che, quando a qualcuno capitava la fortuna di poter organizzare una serata in casa, magari durante l'inverno, che a Bolzano era ancora piuttosto freddo, ogni tanto veniva messa a fare da colonna sonora alla serata.

Non penso di doverti spiegare che quelli erano gli anni in cui MTV faceva ancora sensazione e i videoclip musicali avevano un'importanza che oggi hanno smesso di avere.

Allo stesso modo non penso di doverti spiegare - lo fa il vecchio canthc al posto mio - che un'infilata di diciassette clip skapunkhardcore aveva un che di esaltante, perché quella musica, la nostra musica, su MTV ci passava raramente, quasi mai a dire il vero, e, quando passava, era roba loffia, addomesticata, commerciale.

E noi eravamo tutt'altro che commerciali. I nostri gusti erano ricercati, alternativi, di rottura. Per noi, adolescenti di provincia che iniziavamo ad affacciarci sul mondo degli adulti, la musica contenuta in quel nastro aveva lo stesso fascino proibito e misterioso del tesoro nascosto dei Goonies.

Io almeno la ricordo così la sensazione di infilare la VHS nel videoregistratore, premere play e lasciare che i suoni e le immagini custodite nel nastro iniziassero a uscire dalle casse gracchianti dei piccoli o grossi televisori a tubo catodico su cui li ascoltavamo e le guardavamo.

La scaletta ti fulminava fin dal primo pezzo, A.k.a. I-D-I-O-T dei The Hives, per poi accompagnarti nelle cupe e pensierose atmosfere di Should Have Known, un pezzo hardcore melodico dei No Fun At All tutto sommato niente male, ma che veniva letteralmente eclissato dal video immediatamente successivo: New Noise, prima delle due tracce dei Refused contenuta nel tape.

Il pezzo era lontano anni luce da qualsiasi cosa mi fosse anche solo vagamente familiare.

Prima cosa: il suono. Punk? Sì. Hardcore? Assolutamente. Ma diverso da quello a cui ero abituato. Grezzo non direi, ma di sicuro scarno, essenziale. Un tappeto sul quale spiccava la voce del cantante, Dennis Lyxzén, col suo gridato asciutto e graffiante, simile al grattare di una foglia secca mossa dal vento sull'asfalto in una limpida notte di gelo invernale.

E poi la struttura della canzone: inconsueta, strana, con quel bridge alieno che, dopo una sequenza di strofe e ritornelli, faceva da preludio all'esplosione finale, svuotando la tensione per riempirla con un loop di musica elettronica. Eresia, che cosa aveva a che fare l'elettronica con il punk e l'hardcore?

A chiudere il tutto: l'estetica. I componenti della band avevano uno stile che non riuscivo a incasellare. A metà strada tra un rude boy britannico e il nerd da teen comedy. Se li avessi conosciuti avrei detto che assomigliavano ai Kraftwerk o, quanto meno, avevano un allure assi simile al loro.

Ne rimasi folgorato e, da quel primo incontro, comincia a capire di non essere il solo. The Shape of Punk to Come, l'album in cui era contenuta New Noise, era uscito alla fine del 1998 e chiunque lo conoscesse ne parlava come di un capolavoro.

Un capolavoro maledetto perché, pochi mesi dopo l'uscita, il gruppo, lo racconterà qualche anno dopo un documentario intitolato Refused are fucking dead, si era sciolto, generando intorno a sé e al disco un'aura particolare, di perdita ma anche di irripetibilità.

The Shape of Punk to Come non è un disco qualunque; anticipa e crea un suono che sarà incredibilmente influente per tutto il decennio successivo alla sua uscita (e forse anche più a lungo), definendo, come il titola dichiarava di fare, la forma che il punk prenderà da lì in avanti.

Lo comprai un paio di anni dopo, nell'inverno del 2002 se non sbaglio, tramite un mail order tedesco. Manteneva ciò che New Noise mi aveva promesso fin dal primo istante: un suono che non assomigliava a nulla di quanto avessi ascoltato fino a quel momento; un talento compositivo unico, capace di rendere unica ogni canzone; un'estetica elegante e ricca di riferimenti, a partire dall'artwork.

Sì, perché la copertina di The Shape of Punk to Come è progettata come un quadro costruttivista, con una serie di linee che dividono lo spazio, creando forme geometriche irregolari riempite da cinque campiture di colore rosso e violetto e quattro fotografia: una chitarra appoggiata su un piedistallo, una coppia di ballerini rock'n roll, un punk vecchia maniera e una scena di rivolta urbana. Il tutto "appoggiato" su una texture color crema che ricorda il cartonicino di un sette pollici autoprodotto.

Arte d'avanguardia, pop culture, sottocultura e politica. Sono questi i riferimenti dichiarati che definiscono l'universo creativo dei Refused. Lo confermano anche le liriche del disco che, dopo averlo comprato, potei finalmente leggere e capire, scoprendo, non senza sorpresa, una band profondamente militante, che sapeva legare insieme stile e rivolta, teoria ed eleganza.

Sono passati venticinque anni dalla sua uscita e The Shape of Punk to Come non ha smesso di parlarmi. È uno dei dischi che continuo ad ascoltare, senza stancarmi e, soprattutto, senza avere mai la sensazione che il suo discorso possa invecchiare o smettere di essere attuale.

A dimostrarlo è la versione Obliterated, uscita quest'anno nel cofanetto celebrativo pubblicato da Epitaph per celebrare la ricorrenza: un disco di cover in cui ogni traccia dell'originale è reinterpretata da una band diversa come forma di tributo ai Refused e al suono da loro creato.

Lo spettro di stili e approcci contenuti in questa versione è ampio: va dalla violenza metal core dei Fucked Up al rock alternativo dei Quicksand, passando per le sperimentazioni rock jazz dei Brutus e la darkwave dei Cold Cave, fino ad arrivare al post hardcore dei Touché Amoré che, rivisitandola, trasformano The Apollo Programme was a Hoax in un inno di rivolta intriso di disperazione profondissima, quasi un manifesto per lo stato attuale di quella a cui un tempo i Refused sono appartenuti tanto è dolorosa l'impotenza che trasmette.

Derive e deviazioni che testimoniano non soltanto il potere generativo del suono che la band di Umeå ha creato venticinque anni fa, ma anche tutte le influenze da cui quel suono è stato ispirato e che attraverso quel suono rivivono per riverberare ancora e ancora verso il futuro.

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