I blog non li legge più nessuno

Che differenza c'è tra scrivere per le relazioni e scrivere per le visualizzazioni? Una serie di note sul senso del blogging a partire da una cosa bella che mi è successa.

Screenshot di social sullo sfondo del mare. Fotogramma del video The Photo Hunters di Enrico Dedin.
Enrico Dedin - The Photo Hunters

In queste settimane di esodo social ho letto tante, diverse opinioni su quale sia il senso di frequentare una piattaforma piuttosto che un altra.

Alcune opinioni erano intelligenti, altre, invece, piuttosto sciocche. Tra quelle sciocche ne metto una che mi ha particolarmente triggerato: i blog ormai non li legge più nessuno.

L’affermazione trovo sia discutibile e, se nel blogging facciamo rientrare anche chi scrive su Substack (e per me ci rientra eccome), non è vera nemmeno per un secondo.

Ma non è tanto questo che mi fa arrabbiare quanto, piuttosto, la visione della presenza digitale che quell’affermazione sottintende.

Sì, perché dire che i blog non li legge più nessuno significa pensare che il senso di averne uno sia massimizzare la visibilità che la propria presenza digitale comporta.

Che lo si pensi è comprensibile.

Il più popolare e diffuso modo di stare in rete e usare le piattaforme per creare contenuti è proprio farlo con l’obiettivo di ottenere la massima esposizione possibile, misurandola con gli indicatori quantitativi che le piattaforme stesse mettono a nostra disposizione: visualizzazioni, interazioni, condivisioni e commenti.

Non c’è nulla di male a farlo; attraverso le loro interfacce sono le stesse piattaforme a incentivare gli utenti a usarle dando priorità alla visibilità come obiettivo.

Il problema, almeno lo è stato per me, è che questo modo “performativo” di stare sulle piattaforme e usarle per produrre contenuti finisce per influenzare i contenuti che produci.

Se l’obiettivo finale della tua presenza è massimizzare la visibilità finirai più o meno inevitabilmente a ottimizzare di continuo quello che produci per rispondere agli standard che le piattaforme richiedono per essere rilevanti.

Il copywriting SEO è esemplare nel mostrare il livello di standardizzazione a cui può portare questa logica. Twitter post Musk lo è invece nel mostrare quanto possa essere deleteria.

Nel volgere di attimi, infatti, X è diventato un network che ha verticalizzato le relazioni intorno a un numero ristretto di influencer la cui visibilità è alimentata dal pagamento di una fee e dalla conseguente promessa di un ritorno economico, sdoganando i peggiori comportamenti: dal freebooting selvaggio alla polarizzazione scientifica di ogni opinione.

Tom Critchlow e l’esperienza mi hanno insegnato che le cose non devono necessariamente seguire questa logica.

Tom è un consulente indipendente americano che ha influenzato moltissimo il mio percorso come freelance e blogger. È stato proprio lui, non ricordo in quale post, a spiegarmi che il senso di scrivere in rete non è massimizzare la visibilità ma generare relazioni.

È quando cominci a pensare in questi termini che i KPI con cui concepisci la presenza digitale e la produzione di contenuti cambiano radicalmente.

Scrivere per le relazioni e non per le visualizzazioni significa scrivere per entrare in contatto con altre persone che possono darti l’opportunità di scoprire nuove idee, imparare cose nuove o sviluppare progetti insieme.

Non sembra solo una cosa positiva, funziona.

Qualche sera fa ho ricevuto la mail in cui Pietro, un professionista che fa più o meno quello che faccio io, mi chiedeva se avessi voglia di confrontarmi con lui sulle nostre rispettive pratiche perché, magari, avremmo potuto lavorare insieme a qualche progetto.

Nella stessa mail Pietro mi raccontava di aver trovato in alcuni miei post l’ispirazione per diventare un freelance.

Pietro è tra le poche persone che leggono il mio blog. Non ho nemmeno idea di quanto poche siano, perché ho scelto già da qualche anno di eliminare ogni sistema di tracciamento del traffico.

Uno dei pochi dati di cui sono a conoscenza, perché mi piace conoscere chi mi legge, è che alla newsletter collegata al blog si sono iscritte 37 persone e che più o meno la metà apre le mail che arrivano ai loro indirizzi.

Se valutassi il mio fare blogging solo in termini di visualizzazioni, beh, è vero che il mio lavoro non lo legge nessuno.

Ma, dal momento che lo valuto in base alle relazioni che mi permette di creare, quello che mi chiedo è quanto possa valere una relazione di stima e, perché no, di amicizia, nata a partire dalla condivisione spontanea di interessi comuni.

Secondo me molto più di mille visualizzazioni dopate dai bot di X.

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