"Alpi future" su Il Tascabile
Qual è lo stato delle Alpi a metà degli anni venti del Duemila? Tensioni e tendenze in atto nello spazio alpino, lette grazie al numero della rivista The Passenger che gli è dedicato.
Da più di due anni a questa parte le Alpi sono diventate un mio oggetto di studio. Lo sono perché a un certo punto del mio percorso ho scelto di voler capire di più e meglio lo spazio in cui vivo ogni giorno.
Esplorandone il passato e il presente sono riuscito a capire con maggior profondità di sguardo tensioni e tendenze che attraversano lo spazio alpino a metà degli anni venti del Duemila.
Uno spazio che sta cambiando non solo per effetto di fenomeni sociali ed economici che ne trascendono i confini geografici ma anche per la pressione sempre più evidente del riscaldamento globale in cui effetti, sulle Alpi, si presentano in modo più accelerato e marcato che altrove, per esempio nelle città.
Alle Alpi, giusto qualche mese fa, ha dedicato un'uscita la rivista The Passenger. Il numero è stata l'occasione per provare a fare il punto su quali sono i fenomeni più rilevanti in corso, oggi, sulle Alpi.
Dal ritorno dei selvatici ai nuovi immaginari alpini, dalla pressione della transizione energetica sui territori alle trasformazioni del turismo, dai mutamenti delle stagioni alle persone che tornano ad abitare le aree spopolate il ritratto che emerge è quello di uno spazio in cui antichi immaginari in via di dissoluzione domandano la creazione di nuovi, inediti sguardi per osservare la realtà e, attraverso di essi, modificarla.
“Le sfide che questa grande e varia regione deve affrontare”, si legge nell’introduzione al volume, “sono presagi dei fenomeni che investiranno tutto il mondo: la fine dei modelli economici, i difficili compromessi della transizione energetica, gli eventi climatici sempre più estremi, le nuove opportunità”. Sfide per cui “le Alpi, con la loro estrema diversità culturale, economica e sociale, offrono terreno fertile per sperimentazioni e idee innovative, a patto che cambi lo sguardo con cui le osserviamo”. Il futuro delle Alpi, così sembrano dirci queste parole, passa per una ricostruzione dello sguardo che abbandoni ogni illusione restaurativa a favore di un’evoluzione ancora tutta da costruire.