"Abbiamo bisogno di attrito anche nella vita digitale" su Domani
In un articolo uscito su Domani traccio i confini e ricostruisco la storia del concetto di frictionless.
Immagine: Rorschmap (James Bridle)
Concepita quando la velocità di connessione era bassa e navigare difficile, l'idea che il design dei prodotti digitali dovesse ricercare la totale assenza di frizione nelle azioni degli utenti oggi mostra i suoi limiti.
Le piattaforme fanno infatti i conti coi problemi che nascono dalla facilità con cui possono essere condivisi contenuti potenzialmente nocivi per la tenuta del patto sociale.
In questo articolo uscito per Domani, traccio i confini e ricostruisco la storia della frictionless, dando uno sguardo a quali possibili soluzioni stanno venendo eleaborate per affrontare i problemi sollevati dalla facilità d'uso.
Se volessimo fare un paragone cinematografico, l’attuale design delle interfacce assomiglia molto alla grammatica del cinema hollywoodiano classico. Cioè una serie di convenzioni che mirano all’immersività dello spettatore facendo sparire ogni traccia dell’apparato tecnico necessario per produrre il flusso d’immagini. L’immersività è infatti uno degli obiettivi principali di chi progetta interfacce e non è un caso che gli studi di psicologia cognitiva giochino un ruolo chiave in questa disciplina. Massimizzare il coinvolgimento dell’utente, immergerlo nell’esperienza e col-legarlo per il maggior tempo possibile alla piattaforma sono tutti obiettivi perseguiti con precisione scientifica. Tutto ciò costituisce oggi un nodo di problemi di enorme portata.