"Parodie digitali e performance social" su Che Fare
Profili fasulli che suonano veri, politici veri che suonano fasulli. Una riflessione sui meccanismi della parodia che parla di quanto sia difficile come cambia, oggi, il giudizio su ciò che è vero e ciò che è falso.
Profili fasulli che suonano veri, politici veri che suonano fasulli. Una riflessione sui meccanismi della parodia che parla di quanto sia difficile come cambia, oggi, il giudizio su ciò che è vero e ciò che è falso.
Sono convinto che il dibattito sulla società post fattuale e la cosiddetta post verità, che ne è l'espressione più diretta, abbia perso terreno perché queste espressioni si sono rapidamente trasformate in armi dialettiche.
Tuttavia, penso che l'urgenza di questi temi sia imprescindibile per capire l'oggi. I canoni del giudizio su cosa è o non è vero stanno cambiando. Il ciclo industriale del dato - la sua abbondanza, raccolta ed elaborazione - è al centro di questo processo.
Quando Giacomo Giossi di Che Fare mi ha chiesto di scrivere a proposito di una rete di fake account parodici che prendeva in giro i membri più in vista del Movimento 5 Stelle non pensavo che sarei arrivato a toccare questi temi.
Eppure è stato così. L'analisi e la riflessione sulla parodia mi ha portato a interrogarmi su come si determina la verità in questi tempi di grande cambiamento. Il risultato è uscito un paio di giorni fa.
La natura performativa dei social media e la loro capacità di creare schegge di realtà è già stata affrontata ed esplorata altrove. L’elemento di novità che emerge dall’analisi di questi fake è il ruolo che l’attuale realtà politica gioca nel rendere efficace il loro meccanismo. Il populismo come forma del discorso sembra configurarsi come una parodia dell’agire politico; una sua versione più interessata a configurare la narrazione della realtà che a intervenire sulla realtà stessa. Una forma di agire politico che esalta e collude alla perfezione con la distorsione parodica resa possibile dai social media.