"Diario di uno scavo sotto la perfezione dell’Alto Adige" su Internazionale
Ho sempre pensato che all'Alto Adige, la mia provincia, quella in cui sono nato e vivo, sia sempre mancata una voce in grado di raccontarla per quello che era al di sotto dei suoi cliché più diffusi.
Ho sempre pensato che all'Alto Adige, la mia provincia, quella in cui sono nato e vivo, sia sempre mancata una voce in grado di raccontarla per quello che era al di sotto dei suoi cliché più diffusi.
Pare che negli ultimi anni qualcosa sia cambiato. Da fuori, gente come Wolf Buckowski e Wu Ming 1 hanno provato a calcare le nostre strade per restituirle in frasi e parole. Da dentro l'ha fatto Daniele Rielli con uno dei suoi saggi raccolti da Adelphi in Cronache del mondo nuovo. E anche io, qualche settimana fa, ho provato a fare lo stesso.
Diario di uno scavo sotto la perfezione dell'Alto Adige è un reportage narrativo in cui, in un ipotetico viaggio da nord a sud, provo a raccontare la mia provincia per come la sento e vivo ogni giorno.
È uno sguardo parziale, da turista ben informato. Ed è uno sguardo personale, un lavoro sulla prima persona, singolare e plurale. Un modo per mettere sulla carta quello che penso del luogo in cui abito e verificare se si tratta di sensazioni mie soltanto, oppure se c'è qualcosa di condiviso in tutto questo.
Il testo lo trovate su Internazionale. Buona lettura...
Già, le Chiuse. Due contrafforti di roccia che segnano il confine con il Trentino, stringendo la valle dell’Adige a non più di due chilometri di larghezza. Un’orografia naturalmente difensiva che pare studiata a bella posta per enfatizzare il senso di distacco di cui l’Alto Adige sembra voler godere rispetto all’Italia.