Monsterhearts l’ambiguo e conturbante gioco delle vite adolescenti
Cuori di Mostro aka Monsterhearts è un gioco di ruolo ambientato in un mondo abitato da adolescenti le cui vite nascondono mostruosi segreti. Questo è il racconto di una delle mie giocate.
Prologo
«A me lo stupro ha fatto effetto, mi stupisco che Flavio non se ne sia accorto».
Mentre Giulia pronuncia quella parola ho la sensazione di trasalire; anzi, trasalisco proprio. Per un lunghissimo istante vedo tutto bianco mentre i contorni della mia stanza si fanno sempre più sfocati. «Vanno bene le schermaglie a scuola, le accetto e fanno parte del gioco», continua lei, «ma drogarmi e mettermi le mani addosso mentre sono incosciente è troppo, è una cosa da malati!» A quel punto provo a inserirmi per dire la mia. Giulia però non si ferma. Anzi, mi punta un dito addosso: «Come se non bastasse mi hai lasciata nel letto mezza svenuta per scopare con quel tipo entrato dalla finestra. Non vedo perché ti faccia così strano che quando mi sono svegliata te l’abbia fatta pagare».
«No, scusa» provo a ribattere balbettando, «io non volevo stuprarti. Siccome sei sempre così rigida ho pensato che un chiamino di md ti avrebbe fatta sciogliere un po’. Volevo solo che ci divertissimo, mica potevo sapere che saresti svenuta».
Giulia a quel punto s’irrigidisce «Fammi capire: tu metti dell’md in un drink - a mia insaputa - e la stronza sono io? Col cazzo, quello era uno stupro bello e buono, fattene una ragione». Intorno a me, Roberto, Nikitas e Simone mi guardano e annuiscono con aria grave. Non lo dicono, ma anche loro pensano che io sia uno stupratore.
Mentre l’immagine di me che ho costruito faticosamente durante tutto questo tempo si sgretola a poco a poco, rivelando il mio io interiore ormai irrimediabilmente annerito come le travi di un edificio in fiamme, non posso fare altro che chinare la testa e ripetere tra me e me quella frase.
Sono. Uno. Stupratore.
Bene, arrivati a questo punto, prima che qualcuno di voi lettori si faccia un’idea sbagliata sul mio conto e alzi il telefono per denunciarmi alla Polizia, è bene scoprire le carte e precisare una cosa, anzi due: il dialogo che avete appena letto è accaduto davvero, nella tarda serata di un paio di anni fa. Così come è accaduto davvero l’episodio che ho appena raccontato. Solo che si è svolto in una realtà parallela e fittizia. Una realtà che Giulia, Simone, Roberto, Nikitas e io abbiamo creato insieme giocando a Monster Hearts.
Vite incasinate di mostri adolescenti
Monster Hearts, in italiano Cuori di Mostro, è un gioco di ruolo. Uno di quelli che si fanno seduti intorno a un tavolo con carta, matita e dadi per intenderci. In realtà noi cinque lo giochiamo in Hangout - la video chat di Google, ovvero la sola cosa per cui valga la pena avere un profilo su Google Plus - dato che abitiamo a svariati chilometri di distanza gli uni dagli altri. Quindi al posto di carta e matita condividiamo un documento su Google Drive e per simulare il lancio dei dadi usiamo un software creato appositamente con questo scopo da altri nerd con più competenze informatiche di noi.
Tuttavia, anche se il legno del tavolo è sostituito dallo schermo dei nostri PC, la sostanza cambia poco; il nostro scopo è sempre quello di raccontare delle storie di cui siamo al tempo stesso narratori e protagonisti. Storie che hanno a che fare con le «vite incasinate di mostri adolescenti», come dichiara in modo abbastanza didascalico il sottotitolo della versione italiana del manuale di gioco.
Ma se questa descrizione non evoca in voi assolutamente nulla, allora provate a immaginarvi un crossover tra Buffy l’ammazzavampiri e Gossip Girl. Irresistibile vero?
O almeno è questo l’immaginario a cui ho fatto riferimento più di frequente per orientarmi tra le 150 pagine scarse che compongono il manuale di Cuori di mostro.
La sera in cui mi becco dello stupratore da Giulia sono proprio le vite di quattro mostruosi adolescenti che stiamo interpretando. Per ambientarle abbiamo scelto, in un empito di europeismo, la cittadina di Ulm. Nonostante la nostra campagna sia ambientata in Germania, le abbiamo ugualmente attribuito molti tratti americaneggianti. Perché, in fondo nessuno di noi ha un’idea precisa di come si svolga la vita in una Oberschule, mentre delle High School - complici appunto film, fumetti e serie tv - sappiamo molto di più. In un certo senso ci sono più familiari, quasi come se le avessimo frequentate; forse qualcuno di noi lo ha fatto per davvero, approfittando di qualche scambio scolastico o vacanza studio.
I personaggi
A Ulm Giulia veste i panni di Aurora. Aurora è una fata, anche se è da diverso tempo che la sua famiglia, per sfuggire a non meglio precisate cospirazioni, ha abbandonato la corte di Oberon, un posticino al cui confronto le sale di Approdo del Re sembrano aule d’asilo. Ora lei e la sua famiglia vivono fra gli umani e l’estate scorsa si sono trasferiti in Germania dalla Finlandia. Per quanto non sia una matricola è pur sempre una “nuova”, e questo non piace a Veronica (il mio personaggio). Veronica è una queen, una capricciosa ape regina abituata ad avere tutto. Che a quell’età significa adorazione incondizionata da parte dei ragazzi e obbedienza cieca da parte della sua cerchia di amiche e amici, che lei chiama affettuosamente «minions», schiavi. Come potete immaginare Veronica è molto volubile, violenta e vendicativa. In una parola è una vera stronza.
Nikitas invece veste i panni di Adam, lo stregone. Detta altrimenti, è un ragazzetto nerd, egotico e pure piuttosto arrabbiato con il mondo. Nulla di eccezionale, se non fosse che Adam sa padroneggiare la magia nera. Il che lo rende il ragazzetto nerd/egotico/arrabbiato col mondo più pericoloso di questo (e forse di tutti) piano di esistenza.
Poi c’è il character creato da Simone: uno stronzo libertino che metteva le corna alla sua tipa e a cui il destino, come succede a tutti gli stronzi libertini, ha riservato una spiacevole sorpresa. I fatti: una sera sta in auto a pomiciare con la sua amante. I due litigano, lei lo spinge, Daniel inciampa nel guardrail, ruzzola giù dalla collina delle limonate e si rompe l’osso del collo. Però succede qualcosa per cui la sua anima resta intrappolata nel mondo dei vivi, e così Daniel continua a venire a scuola, anche se è più taciturno del solito e non la prende molto bene quando qualcuno gli fa notare che un paio di lampade potrebbero essere d’aiuto per quel suo malsano colorito pallido. Essere un fantasma tuttavia ha anche dei vantaggi, come la possibilità di muoversi in silenzio con grande facilità. Un’abilità incredibilmente utile, in particolare se volete affacciarvi a una finestra per spiare l’amplesso saffico che sta per consumarsi proprio ora in casa di una delle sue compagne di classe.
E quindi siamo tornati al punto di partenza, ovvero a quella scena di stupro di cui i miei compagni di gioco mi hanno rimproverato di non essermi accorto e che, per farvi un’idea, è andata all’incirca in questo modo.
Dopo un primo incontro con Aurora che per poco non finisce in un catfight in piena regola, io, anzi Veronica, pensa di farsi perdonare invitando la nuova rivale a casa sua per una festa. In realtà Veronica vuole sedurre Aurora e fare sesso con lei. Se la qual cosa si dovesse verificare, le regole del gioco prevedono che Aurora diventi un membro della cerchia di Veronica e quest’ultima potrà così leggerle nella mente a suo piacimento. Purtroppo per lei, però, Aurora è abituata agli ambienti della corte del re delle fate e questo significa che sa destreggiarsi tra intrighi, sotterfugi e manipolazioni varie. Quindi, per rompere la diffidenza, Veronica prepara ad Aurora un drink corretto con una modica quantità di MDMA. Aurora beve il drink e siccome l’emmedì non è cosa da fate, sviene. A quel punto Veronica decide di approfittare della situazione per portare a termine il suo piano. Sveste la rivale mezza svenuta sul letto e proprio mentre le sta leccando maliziosamente l’orecchio si accorge che Daniel sta osservando divertito tutta la scena dalla finestra.
Siccome l’indole di ogni regina è avida e massimalista, Veronica non ci pensa due volte a invitare il fantasma a unirsi al coito, con il quale prenderebbe due piccioni con una fava. Purtroppo si sa che la fortuna aiuta gli audaci, ma il destino è cinico e baro. Come Icaro, inebriata dalla sua volontà di potenza, anche Veronica ha appena fatto il passo più lungo della gamba. Mentre sdraia Daniel sul letto e si prepara a esibire sue doti di amazzone, Aurora rinviene dal suo torpore chimico e, sentendosi giustamente usata, reagisce con la cattiveria di cui solo una fata offesa sa essere capace: fa provare a quella arrogante mortale di Veronica quanto può far male il gelo del polo, se te lo concentrano tutto quanto nel cuore per un istante.
Questa è solo una delle situazioni che si possono creare giocando a Cuori di Mostro. Una situazione in cui s’intrecciano tematiche legate alla selvaggia sessualità adolescenziale, all’uso e all’abuso di sostanze stupefacenti e al modo in cui costruiamo le nostre relazioni sociali in un periodo in cui, come persone, siamo sottoposti a cambiamenti radicali. Perché «questo non è veramente un gioco sui mostri. È un gioco sulla confusione che nasce quando il tuo corpo e il tuo ambiente sociale iniziano a cambiare senza il tuo permesso». È questa confusione di identità e valori che Giulia e io discutiamo alla fine della giocata.
Powered by the apocalypse
Se avete letto con attenzione il pezzo fino a questo punto vi sarete resi conto che mi sono dimenticato di qualcuno. Nel prologo infatti ho scritto che il gruppo con cui sto giocando è composto da quattro persone oltre a me. Ma quando li ho descritti, i personaggi che ho citato sono solo quattro. Questo perché non ho ancora citato il ruolo ricoperto da Roberto nel gruppo. Roberto infatti è l’MC o master, se la vostra cultura in fatto di giochi di ruolo non va oltre Dungeons & Dragons. Solo che l’MC in Cuori di Mostro ha un ruolo diverso da quello che ha il master di D&D. E questa differenza si deve innanzitutto al sistema di regole che muove i due giochi.
A regole diverse corrispondono obiettivi diversi. Semplificando molto, potremmo dire che l’obiettivo di giochi come Dungeons & Dragons o Warhammer Fantasy Role Play è la simulazione quanto più verosimile possibile di un universo fittizio. Infatti, se avete mai sfogliato il manuale di uno di questi giochi, vi sarete accorti si tratta voluminosi tomi pieni di dati e di tabelle. Ce ne sono alcune, ad esempio, che regolano il sistema monetario e ne stabiliscono i tassi di cambio (una moneta d’oro ne vale 100 d’argento e 1000 di bronzo). Altre regolano quanto peso possono trasportare veicoli di ogni tipo (un carro potrà trasportare un carico equivalente al valore di 500 monete d’oro) e così via, in un crescendo di minuzie il cui scopo è quello di ottenere il massimo grado di «realismo» possibile. Visto il grado di dettaglio raggiunto da queste regole, applicarle alla lettera è tutt’altro che facile e richiede ai giocatori uno sforzo notevole. Non a caso, molti gruppi che partecipano a questi giochi decidono di ignorare quelle più bizantine, soprattutto quando i giocatori non padroneggiano appieno il sistema di gioco.
Al contrario, Cuori di Mostro - e con lui tutti i giochi che ne condividono le meccaniche, i cosiddetti powered by the apocalypse - ha come scopo quello di aiutare i giocatori a creare storie, più che a simulare la realtà di mondi fantastici. Questo significa che il brandello di fiction che vi ho appena raccontato non è il frutto di un casuale susseguirsi di interazioni, bensì il risultato di una dinamica di gioco calibrata in modo molto preciso.
Le meccaniche di questo genere di giochi cercano di regolare il modo in cui s’intrecciano i rapporti sociali tra le persone e a utilizzarli come motore narrativo. Ogni giocatore può eseguire delle “mosse”, ovvero delle azioni. Ce ne sono alcune, comuni a tutti i giocatori, come eccitare, zittire o manipolare. Altre sono prerogativa di ogni classe di personaggi. Altre ancora sono sì comuni a tutte le classi, ma cambiano effetto a seconda del genere di personaggio che si è scelto: si tratta delle cosiddette «mosse sessuali». Quando Veronica decide di correggere il drink ad Aurora per vincere le sue resistenze, sta preparando il terreno per eseguire la sua mossa sessuale e guadagnarsi così un vantaggio. La mossa sessuale della queen recita testualmente «quando fai sesso con qualcuno, questi ottiene la Condizione uno di loro. Finché la Condizione permane, è considerato parte del tuo gruppo».
Eccezioni a parte, l’esecuzione di una mossa può risolversi in tre modi diversi, determinati dal lancio di un dado – un successo pieno, parziale o un fallimento – ma in ogni caso vi sono delle conseguenze. Entrare a far parte della cerchia della regina può essere una di queste. Ma anche la creazione di particolari legami tra i personaggi rientra tra gli effetti abilitati dalle mosse, perché i legami così creati servono a intrecciare le vicende dei personaggi e a farli interagire tra di loro, ed è dall’interazione tra i personaggi che nascono le situazioni più interessanti durante il gioco.
Ad esempio, per convincere Aurora a seguirla nella sua stanza, Veronica - che è una manipolatrice per natura - ha effettuato la mossa chiamata «eccitare qualcuno», ottenendo un successo pieno. È così che io le ho fatto promettere ad Aurora che non sarebbe successo nulla di male: tuttavia, quello che viene detto a una fata diventa automaticamente una promessa e, se le promesse vengono infrante, succedono brutte cose. Brutte cose che, a livello di meccaniche, rientrano nella categoria del «Sé Oscuro» (darkest self) ovvero una condizione di rabbia cieca e incontrollabile in cui il personaggio agisce in preda ai suoi istinti più distruttivi, proprio come un adolescente deluso dalla vita o dal suo primo vero unico grande amore. Il «Sé Oscuro» della fata dice che «tutto ciò che dici è una promessa. Tutto ciò che senti è una promessa. Se una promessa viene infranta, la giustizia dev’essere temprata nel sangue». Congelare il cuore della persona che ha tentato di stuprarti è una bella applicazione dell’esortazione a temprare la giustizia nel sangue, ve lo posso assicurare.
Mosse, legami e condizioni non sono altro che la rappresentazione schematica delle interazioni e degli stati dei personaggi, l’ossatura delle loro relazioni. La pelle, la forma di queste relazioni è decisa dalla fantasia dei personaggi. La stessa sequenza di mosse effettuate e legami creati che ho descritto, nelle mani di un altro giocatore o in presenza di diverse classi di personaggi si sarebbe risolta in modo completamente diverso. Perché lo scopo di questi sistemi di regole è quello di aiutare i giocatori a creare collettivamente delle storie. Perciò al contrario di quanto accade in Dungeons & Dragons, in questo genere di giochi il master perde la sua aura demiurgica e smette di essere quel personaggio con “un culo sospetto ai dadi” che allestisce la fiction e crea un mondo.
In Cuori di Mostro l’MC stimola i giocatori con domande continue, usa le risposte per definire tanto il mondo quanto la finzione e determina le conseguenze di un fallimento ai dadi attraverso il meccanismo delle “mosse dure”. Le mosse dure sono le mosse con cui l’MC agisce sul gioco quando la narrazione langue o quando i giocatori falliscono un tiro. Separali, mettili insieme, infliggi danno, rigiragli contro la sua mossa, esponi un segreto alla persona sbagliata sono tutte mosse dure a disposizione dell’MC.
Ad esempio, se Veronica avesse fallito la sua mossa per eccitare Aurora, l’MC avrebbe potuto eseguire una delle sue “mosse dure”, facendo intervenire un pericolo (un amante geloso) o svelando i suoi piani (Aurora si accorge che il suo drink è corretto). «l’MC» come recita il manuale «è la persona che gioca il mondo intero con integrità, e decide chi e cosa sta sotto i riflettori in un dato momento».
Quindi, più che un dio volitivo e capriccioso, il master dei giochi powered by the apocalypse diventa il vero e proprio motore narrativo della vicenda, nella quale le regole lo esortano a essere un tifoso e non un antagonista.
Come il producer di una serie televisiva, l’MC regola il traffico degli archi narrativi, decide quali personaggi stanno sulla scena e per quanto tempo devono agire, introduce gli eventi e i soggetti che imprimono una svolta alla storia e stabilisce quando è il momento per dare la parola a un’altro dei protagonisti. È per questo motivo che una partita a Cuori di Mostro o ad altri giochi simili ha una struttura molto simile a quella di una serie tv, ed è per questo che è così facile pescare da quegli immaginari quando si devono costruire ambientazioni e personaggi.
Quando decidono di iniziare a giocare, i giocatori sanno che dovranno affrontare una campagna, ovvero un arco narrativo prolungato all’interno del quale si delinea una vicenda principale che dovrà risolversi al termine della campagna. È l’equivalente di una stagione per uno show televisivo. Di settimana in settimana invece i giocatori sono impegnati in sessioni, ovvero in quelli che in una serie sarebbero gli episodi. Una sessione può durare da due a cinque o sei ore e può terminare con un cliffhanger. Al termine di ogni sessione è prassi del nostro gruppo confrontarsi sull’andamento della giocata per capire cosa ha o non ha funzionato: dopotutto, il gioco di ruolo è un’attività sociale e una buona armonia di gruppo aiuta a divertirsi di più e raccontare storie più interessanti.
È proprio durante uno di questi confronti che emerge la differenza di interpretazioni sulla scena dello stupro, da cui ha preso le mosse il mio racconto. Dal mio punto di vista, Veronica non ha mai avuto intenzione di violentare deliberatamente Aurora, solo di creare le condizioni più adatte per portare a termine il suo piano: ovvero fare sesso con la rivale per poter esercitare su di lei una forma di controllo così come stabilito dalle regole del gioco.
Ma se definiamo lo stupro per quello che è, ovvero un rapporto sessuale a cui uno dei due partner partecipa contro la propria volontà, allora quello perpetrato da Veronica ai danni di Aurora è uno stupro a tutti gli effetti, con buona pace della mia incredulità postuma e del fragile castello di scuse che ho eretto a difesa degli atti della mia eroina. La cosa che rende davvero interessante una partita a Cuori di Mostro è proprio questa sua capacità di dare vita a situazioni ribollenti di ambiguità e in grado di toccare tematiche che non possono lasciarci indifferenti; e questo a prescindere che si stia giocando in modo distaccato, ovvero avendo ben chiara la distanza tra giocatore e personaggio, o che si sia più coinvolti, immedesimandosi il più possibile nell’avatar che ci si è creati.
Quello che non cambia sono le sensazioni che si provano e le problematiche con si entra in contatto. Perché, in fin dei conti, Cuori di Mostro è una sorta di simulatore sociale, mediante il quale ricostruire situazioni in cui vengono chiamate in questione le nostre identità e i meccanismi con cui le definiamo, a partire dal modo in cui articoliamo le differenza da cui prendono vita. I confini tra sesso e stupro, tra amore e dipendenza, tra bene e male, tra lecito e illecito. È questa lasciva, grezza e ancora informe vertigine che dona a Cuori di Mostro quella sua carica di magnetismo, la sensazione concreta che il mondo non sia altro che un punto liscio da cui passano ancora un numero infinito di rette, che rappresentano le altrettante direzioni lungo cui la nostra identità può ancora incamminarsi. La vertigine del futuro in potenza, sottoforma di ricordo e fantasma del passato. Quel passato che va sotto il nome di adolescenza, il periodo più mostruosamente bello di tutte le nostre vite.