Recensione a "Soli contro tutto"
La lotta contro la riforma della scuola come atto di nascita di una comunità. Soli contro tutto è il racconto di quell'esperienza così come lo tratteggia, intrecciando voci e sguardi, Militant A, storico rapper degli Assalti Frontali.
Stringi stringi ci sono solo due modi per scoprire un libro. Nella maggior parte dei casi siamo noi che lo andiamo a cercare. Lo compriamo in libreria o lo ordiniamo su internet dopo aver letto una recensione o grazie al consiglio di un amico, al bar o sui social network. Altre volte invece sono i libri che trovano noi.
Soli contro tutto, il terzo libro di Militant A degli Assalti Frontali, appartiene a questa categoria, quella dei libri che ti vengono incontro. Questo l'ho incontrato una sera di un anno fa, 24 Aprile 2014, vigilia di Liberazione. Gli Assalti Frontali suonano a Bolzano, nel mio quartiere.
A fine concerto mi avvicino al banchetto del merchandising. Quando posso acquisto sempre un disco o una maglietta delle band che suonano alle serate dalle mie parti. Mi pare un buon modo per supportare il loro lavoro e ripagare lo sbattimento che un musicista si prende a venire a suonare.
Con gli Assalti Frontali poi c'è anche il discorso politico di mezzo. Venire a suonare a una festa antifascista a Bolzano è un bel gesto di affetto nei nostri confronti. Qui l'antifascismo è un valore sotterraneo, a volte è pericoloso indossarlo e altre semplicemente scomodo. Per cui la motivazione è doppia.
Però quella sera al banchetto degli Assalti hanno solo CD; e io il supporto magnetico non lo acquisto più da un pezzo. Se proprio devo ascoltare musica digitale acquisto i file e tanti saluti alla plastica. Prendere una maglietta mi pare superfluo, ho voglia di contenuti. Per cui ripiego sul libro, che mi faccio pure autografare dall'autore.
Sulla copertina nera campeggia una foto di Militant A. Posa metropolitana, sfondo urbano con graffiti. Scansiono le quarta e risvolti di copertina e avverto subito che contenuto e confezione, a metterli insieme, stridono un po'. Come se il contenuto annunciato avesse una forma diversa dal contenitore creato per ospitarlo.
Stando al paratesto qui si parla di scuola e di rom, di occupazioni e diritti. Roba apparentemente distante dall'immaginario ghetto evocato dalla foto in copertina.
Torno a casa e appoggio il libro sul tavolino del soggiorno. Soli contro tutto resterà lì per quasi dodici mesi. In attesa. Strano che per una ragione o per l'altra non sia finito inghiottito da una delle tre librerie che ho casa. Come accade con altri titoli comprati e poi diligentemente messi a scaffale, per poi venir risucchiati da questi dimenticatoi di compensato.
Al contrario, questo libro è rimasto sul tavolino del soggiorno. E La cosa strana è che da lì, da sotto il vetro che ricopre il mio coffe table di JISK, il libro ha continuato ad ammiccarmi per un anno intero. "Aprimi, leggimi, fidati" sembrava dirmi. Ma senza mai riuscire a rompere il mio muro di diffidenza. Fino a quando, qualche giorno fa, ho deciso di prenderlo in mano e iniziarlo.
Soli contro tutto è una bella sorpresa. Primo non parla di rap o, almeno, il rap non è il protagonista del libro. C'è. Ma c'è come mezzo, non come fine. Questo libro parla di scuola, anzi di una scuola.
Centocelle, periferia di Roma. È qui che sorge l'Iqbal Masih, qui dove le vie portano tutte il nome di un fiore o di un albero. L'Iqbal Masih è una scuola elementare. La stessa scuola elementare dove Militant A accompagna le figlie, nella mattina umida, greve di nebbia con cui si apre il racconto.
Cosa significa essere padre? E cosa significa essere padre in questi tempi? Oggi che ho sorpassato i trent'anni me lo chiedo spesso, anche perché a diventarlo, padre, ci penso e ci rifletto e ci discuto. Nelle parole di Militant A, che per età anagrafica potrebbe essere mio fratello maggiore, trovo un accenno di risposta. Trovo un lembo di senso a cui aggrapparmi per costruire la mia risposta.
Essere padre significa essere responsabili di un'altra vita. Ed essere responsabili significa curare, amare e difendere. In una parola lottare. Soli contro tutto non è solo la storia di un padre, che potrebbe essere mio fratello maggiore e che potrei essere io. Questo romanzo è la storia di una lotta.
Questa lotta ha un nome: l'Onda. Il movimento che nel 2008, dalle scuole e dalle università d'Italia, ha provato a fermare il corso di una riforma, quella Gelmini, che ha cambiato, per l'ennesima volta, il volto della scuola italiana. Aggiungendo un connotato, l'ennesimo, a quel make up iniziato più di venti anni fa e ai cui ultimi ritocchi assistiamo in questi giorni.
L'Iqbal Masih diventa così presidio di lotta. Spazio di cui riappropriarsi. Snodo attraverso cui passano e s'incrociano infinite rette, traiettorie di vite che nell'incontro trovano senso. La scuola come crocevia di storie, come momento di incontro con l'altro, il diverso.
Un diverso che nel romanzo ha tanto il volto dei rom del campo spontaneo del Canalone, quanto quello dei genitori della scuola. I primi portano la loro alterità irriducibile nel cuore della vita quotidiana. I secondi imparano di nuovo a guardarsi, a capirsi a confrontare i propri percorsi.
Tutto questo Militant A lo racconta con una tecnica che intreccia la narrazione in prima persona, cronaca di quei giorni di mobilitazione e di lotta, con le voci di chi quella lotta l'ha attraversata. Un montaggio di lettere, articoli, pagine di diario e voci che diventano oggetto narrativo non identificato. Una scrittura meticcia, ibrida e bastarda che parla prima di tutto al cuore.
Perché quella dell'Iqbal Masih è anche la nostra storia. E non possiamo restarle indifferenti Perché questo romanzo è anche il nostro manuale. Perché anche noi saremo padri e bambini e per questo dovremo imparare a essere ancora compagni e militanti, estremisti e attivisti.
Soli contro tutto è la storia di una comunità che nasce, vive e infine muore scandendo il proprio battito cardiaco all'unisono con il ritmo una lotta. Ed è prezioso, questo racconto, perché la capacità di costruire comunità intorno a noi è forse quello che più ci manca, in questi giorni di tumulto. La cosa più difficile, a cui abbiamo smesso di essere abituati.
Questo affresco di vita contemporanea, stretto tra precariato e lotta di classe dall'alto, è anche un manuale di lotta. Un libretto di istruzioni lacero e mancante, dove l'ultimo passaggio è sempre e costantemente rinviato. La lotta, spesso, non coincide con la vittoria. A volte non coincide mai con la vittoria. La lotta, spesso, non altro che una scusa per guardarsi negli occhi, toccarsi, sfiorare le mani degli sconosciuti che ci stanno accanto. Riconoscersi come simili è il fine ultimo e l'obiettivo di ogni lotta che facciamo. Riconoscerci, qui e ora, soli contro tutti, in queste periferie arrugginite che chiamiamo casa.