The Newsroom o della coincidentia oppositorum
Recensione alla prima stagione di "The Newsroom".
L'espressione Coincidentia Oppositorum significa alla lettera "unione dei contrari". Si tratta di uno dei concetti cardine della filosofia di Nicola Cusano secondo cui nell'essere infinito di Dio, che lo poneva al di là del principio di identità e di non contraddizione, si realizzava appunto la coincidenza dei tratti opposti.
È possibile che questa condizione si manifesti non solo nella perfezione dell'entità che qualcuno chiama Dio e la cui abbreviazione è Io, nel senso di me medesimo, ma anche in oggetti terreni e concreti?
Secondo me è possibile.
Per lo meno secondo me è possibile in The Newsroom, l'ultimissima serie televisiva targata HBO. La serie, creata da Aaron Sorkin, racconta le vicende dell'anchorman Will McAvoy (Jeff Daniels), una sorta di Kent Brockman repubblicano, belloccio e dal carattere bizzoso che a un certo punto della carriera, dopo aver brutalmente umiliato una studentessa durante un dibattito alla Northwestern University, viene abbandonato dai suoi più stretti collaboratori. Il network decide allora di affiancargli la producer MacKenzie McHale (Emily Mortimer), da poco tornata dall'Afghanistan. Will non prende bene la decisione, anche perché MacKenzie qualche anno prima lo ha tradito alla vigilia del matrimonio e si sa, son cose che un anchorman repubblicano, biondo e belloccio tende a non digerire tanto facilmente.
Ok lo spoiler finisce qui (per ora), vi basti sapere che The Newsroom si inserisce a pieno titolo in quel filone della serialità televisiva che si suole definire "metalinguistico", ovvero è una serie che ci racconta il dietro le quinte della televisione, nello specifico quello dell'informazione televisiva e dei grandi network americani.
Ma a questo punto vi starete chiedendo cosa centri la coincidentia oppositorum con The Newsroom.
Molto semplicemente in questa serie coincidono momenti di altissima qualità e momenti di straordinaria bassezza. Il che è bizzarro e anche diabolico se volete. Per The Newsroom vale la regola del 3 per 1. Ovvero più meno ogni due puntate tutto sommato scadenti o senza infamia e senza lode ce n'è una che spacca e vi incolla allo schermo.
Ad esempio, se riuscite a sopravvivere ai primi due episodi (fatta eccezione per l'incipit del primo), il terzo non vi lascerà a bocca asciutta. Certo prima dovrete sorbirvi la ridicola sottotrama con annesso triangolo amoroso tra la svampita-stagista-bionda-che-ha-una-gran-botta-di-culo, l'arrogantemairresistibile-senior-producer-veterano e il senior-producer-nerdtimidone-ultimoarrivato (che probabilmente ci ammorberà per il resto della stagione) o l'insopportabile cantilena di Emily Mortimer, ma ne sarà valsa la pena, quando arriverete al terzo episodio.
A mio avviso una delle cose più belle mai scritte e girate per la televisione negli ultimi anni. La narrazione svolge i fili di due distinte dimensioni temporali. La prima, al presente, segue la concitata riunione tra Charlie Skinner (Sam Waterston), presidente della ACN, e Leona Lansing, amministratrice delegata della corporation Atlantis World Media, che di ACN è la società madre. L'oggetto della riunione è la linea di ferma opposizione al Tea Party presa negli ultimi mesi (quelli che precedono le elezioni del mid-term) da News Night, lo show condotto da Will.
Nella riunione vengono discussi una serie di episodi ricostruiti attraverso un susseguirsi di flashback che introducono nel racconto la dimensione temporale del passato. Il tutto è reso con il caro vecchio montaggio alternato convergente e l'effetto è di straordinaria potenza narrativa. Un doppio climax unisce il passato col presente culminando da una parte nell'ultimo diperato e feroce attacco di Will al Tea Party e dall'altra con la minaccia, da parte di Leona Lensing, di far fuori Will dal punto di vista professionale.
Certo, per godere di questi momenti, dovete superarne indenni altri che vi metteranno a dura prova ma se è vero che la perfezione divina sta nella coincidenza degli opposti chi siamo noi, esseri mortali, per giudicare l'istanza creatrice?