"Simulacri Digitali" su Il Tascabile
La tecnologia sembra seguire una traiettoria di crescita impetuosa e inarrestabile.
Ma rispetto a dieci anni fa, quando era evidente che le piattaforme di social networking rappresentavano la punta più avanzata dello sviluppo della cultura digitale, il panorama tecnologico oggi appare più confuso.
Metaverso, intelligenza artificiale, web3, impianti neurali sono solo alcune delle innovazioni più chiacchierate degli ultimi anni.
Non è facile capire quali di esse abbiano davvero il potenziale necessario per produrre un cambiamento della stessa magnitudo di quello generato dalle piattaforme di social networking e dal web prima di loro.
Per farlo, infatti, è necessario destreggiarsi attraverso una fitta rete di narrazioni dal carattere propagandistico, funzionale soprattutto ad accrescere il valore finanziario delle aziende tecnologiche attraverso la gestione dei loro cicli di hype.
È questa una delle tesi che regge Simulacri Digitali, l'ultimo libro di uno dei più affermati giornalisti tech italiani: Andrea Daniele Signorelli.
La cui analisi del panorama tecnologico non si limita a evidenziare il concatenamento tra tecnologia, finanza e narrazione che contribuisce ai meccanismi capitalisti di creazione del valore ma arriva ad affermare che questi meccanismi stanno abolendo la realtà per sostituirla con una sua simulazione.
Una tesi forte (e controversa!) che prova a inquadrare la fase storica che stiamo vivendo attraverso la lente di uno dei più importanti pensatori postmoderni: Jean Baudrillard.
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Osservata da questo angolo di visuale, la narrazione perpetrata dalle Big Tech assumerebbe una natura simulacrale perché il racconto delle capacità delle tecnologie da esse sviluppate avrebbe meno a che fare con la descrizione di ciò che sono in grado di fare e più con la costruzione di un futuro in grado di retroagire sul presente per influenzarlo dal punto di vista economico e politico.
Allo stesso tempo, secondo Signorelli, anche l'esperienza che queste tecnologie apparecchiano per i loro utenti avrebbe una natura simili, sostituendo la realtà con una sorta di iperrealtà, dove l'esperienza perde ogni riferimento che non sia se stessa o la narrazione di se stessa.
Questa parte speculativa e probabilmente la meno solida e convincente del libro.
Lo è perché fatica a definire con precisione le differenze che, sul piano filosofico, corrono tra concetti scivolosi come quello di reale e di realtà, usati spesso come sinonimi ma dotati di una loro specificità e autonomia che avrebbe necessitato di maggior profondità per essere dipanata.
Molto più fruttuosa risulta invece la parte "cronachistica" del saggio perché ci ricorda, ancora una volta, a distinguere tra la portata reale delle tecnologie e il racconto che di essa ci fanno gli attori che sul controllo della tecnologia stanno costruendo una nuova forma di accumulazione.
Se c'è una questione profondamente politica rispetto alla questione della tecnologica contemporanea mi pare sia proprio questa, e in modo incontrovertibile.
Quello che va invece sottolineato è a cosa sia funzionale la narrazione del futuro che, attraverso la produzione costante di storie, gli apparati di propaganda delle grandi aziende tecnologiche distillano da questo sostrato ideologico, ovvero la sua capacità di retroagire sul presente determinandolo.
Lo sviluppo delle tecnologie digitali più avanzate sembra seguire un copione scritto in anticipo: quello delle storie che raccontiamo su di esse. E i loro effetti, a dispetto della retorica, sono tutt'altro che immaginari.
Più una tecnologia viene raccontata come capace di risolvere i problemi dell’umanità su una scala e con un impatto di dimensione storica, più sarà probabile che questa tecnologia riuscirà a prevalere sulle altre tecnologie concorrenti nella competizione per assicurarsi risorse, materiali e finanziarie, per potersi sviluppare ulteriormente.
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