Distorsioni da cui nascono mondi

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Ho potuto leggere il romanzo di cui parlo in questo post grazie all'ufficio stampa di Nutrimenti Edizioni che me lo ha gentilmente proposto e inviato.

Da qualche mese mi sono messo a pasticciare con i mondi, la possibilità di crearli e quella di usare l'immaginazione delle persone per esplorarli ed entrare in contatto con situazioni e idee complesse da pensare nella quotidianità.

Addentrandomi nel mondo dei mondi ho scoperto una cosa: basta cambiare un dettaglio - anche minuscolo - del nostro mondo per generare una distorsione dall'enorme potere immaginativo.

È questo, per esempio, il principio alla base di In this world, un gioco di ruolo narrativo creato da Ben Robbins le cui meccaniche su cui sto modellando i workshop di worldbuilding e simulazione sociale alla cui messa a punto sto lavorando quasi un anno.

Lo stesso principio si ritrova nell'arte della narrazione.

Matteo De Giuli, a proposito della scrittura di Ursula K. Le Guin, in un numero di Medusa uscito alla fine di marzo scrive che l'autrice "costruiva mondi paralleli come specchi deformanti, strumenti per mettere alla prova, per quanto possibile, le crepe del presente" e che la sua pratica era "un gioco di minime variazioni e conseguenze imprevedibili, come accade nei sogni, quando un dettaglio fuori posto è sufficiente a rendere estraneo e nuovo tutto il resto."

Una minima variazione di questo tipo è alla base de Il signore delle acque, romanzo di Giuseppe Zucco uscito qualche mese fa nella collana Greenwich Extra di Nutrimenti Edizioni, il cui intreccio è tessuto intorno a una versione del nostro mondo in cui la pioggia ha smesso di cadere per accumularsi in cielo.

Ecco dov'era finita la pioggia che non pioveva da mesi - e lì per lì venni a sapere che invece di cadere giù, com'era naturale, accumulandosi inspiegabilmente, si era bloccata lassù, allagando il cielo, e ora gravitava sulle nostre teste come un mare d'acqua dolce arricciato dalle onde.
Allora, sbiancando e poi riprendendo colore, perché il televisore mi restituì un'immagine pulita e pacificata di quella cosa che montava nel cielo, che era tanto terribile ma anche così bella da guardare, io avrei voluto dire a mio padre e a mia madre che era proprio questo ciò che avevo visto làfuori con gli altri bambini, costringedomi a una ritirata vergognosa dentro casa, ma il giornalista che conduceva la diretta, con una vocina tutta uno squittio, disse incredibile, disse non può essere, disse Dio abbia pietà di noi, e così mi levò ogni parola di bocca.

A descrivere la scena è il protagonista del romanzo, un bambino attraverso i cui occhi l'autore ci mostra il modo in cui questa distorsione mette in crisi in modo radicale i presupposti su cui si fonda la realtà condivisa.

La pressione esercitata dall'acqua gravante agisce con forza su tutti i rapporti, sociali e familiari, sciogliendoli e ricostruendoli in modo inaspettato e violento.

È proprio nella descrizione di questo processo di dissoluzione e ristrutturazione delle strutture della società e della famiglia che il worldbuilding di Zucco dimostra di aver appreso al meglio sia la lezione di Ballard che quella del Golding de Il signore delle mosche, di cui il titolo del romanzo è un'evidente citazione diretta.

Entrambi gli autori, infatti, padroneggiano la capacità di mostrare come anche variazioni minime nei modi in cui diamo per assodato che il nostro mondo funzioni abbiano un potere enorme: quello di riverberare a tal punto in profondità da permettere la nascita di un mondo virtuale che si separa da quello attuale in modo assai simile a quello in cui una cellula dà origine a un'altra per divisione.

Visto da questa prospettiva, il processo di worldbuilding può diventare la base di un esperimento mentale: concentrare lo sviluppo più probabile della nostra linea del tempo in un singolo punto dove modificarne uno o più dettagli per poi tornare a prolungare ed esplorare le linee del tempo di infiniti futuri divergenti il cui grado di aderenza alla realtà può spaziare dal verosimile al fantascientifico.

In questo senso, la soluzione seguita da Zucco è particolarmente interessante, perché la linea del tempo che dipana a partire dal suo innesco narrativo oscilla continuamente tra un polo e l'altro dello spettro.

Il signore delle acque è dunque un romanzo sospeso tra due possibilità: la distopia ambientale come scenario e la caduta nell'arbitrio della violenza che emerge dalle crisi attraverso cui stiamo navigando in quest'epoca di cambiamenti opachi e convulsi.

Il worldbuilding ci aiuta a esplorare futuri possibili, aprendo uno spazio mentale di tempo nel quale immaginare alternative concrete al presente a cui proviamo a sopravvivere.

Il modo in cui il romanzo di Giuseppe Zucco elabora queste tensioni dimostra ancora una volta che la letteratura è una forma espressiva fondamentale con cui costruire il futuro che ci attende.

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