L’equivoco di Assurdus: note su strategia, operatività e tattica nel marketing
Qualche settimana fa sono andato a pranzo con la persona che si occupa dello sviluppo business di una delle agenzie con cui collaboro.
Avevo appena finito di condurre un workshop di branding presso uno dei loro clienti e ci stavamo scambiando impressioni sul risultato; la soddisfazione era reciproca e, in modo molto naturale, la conversazione si è spostata su altre opportunità per lavorare insieme.
È stato a quel punto che il mio interlocutore mi ha domandato se mi occupassi anche di strategia.
Certo, ho risposto, è una delle cose di cui mi occupo.
La conversazione è rimasta sospesa per un istante, abbastanza da permettere a un pensiero di attraversarmi la mente. È stato allora che ho chiesto al mio interlocutore di spiegarmi cosa intendesse, di preciso, per strategia.
Le note che stai leggendo nascono dalla risposta che mi ha dato in quel momento. Per il mio interlocutore, infatti, una strategia equivaleva più o meno a un piano media. O almeno è così che io chiamo quello che mi ha descritto essere una strategia per l’agenzia di cui cura lo sviluppo del business.
Questo episodio mi ha aiutato a capire che nel mondo del marketing e della comunicazione c’è una certa confusione tra i concetti di strategia, operatività e tattica che vale la pena provare a chiarire.
La strana relazione tra marketing e arte della guerra.
C’è una scena, in Asterix e la Obelix spa, che mi ha sempre fatto ridere moltissimo. È quella in cui Caius Assurdus, consulente strategico di Cesare, espone il suo piano al cospetto del suo committente.
Per farlo utilizza una lavagna a fogli mobili in marmo (siamo pure sempre nell'antica roma) su cui sono riportati alcuni grafici e, nel corso della presentazione, utilizza i termini campagna, strategia, bersaglio.
Quando li sente, Cesare si entusiasma e, alzandosi di scatto, esclama: “Campagna? Strategia? Bersaglio? Ecco un linguaggio che mi piace! Darò ordine alle mie legioni di tenersi pronte a combattere!”. Ad Assurdus spetta allora l’ingrato compito di smorzare gli entusiasmi dell’augusto, spiegandogli che il suo piano non prevede l’uso della forza, bensì quello dell’astuzia.
Per come lo rappresentano gli autori del celebre fumetto, Goscinny e Uderzo, Assurdus ha tutte le caratteristiche del più stereotipato consulente di marketing e la scena, per come è costruita, mette bene in evidenza come tra il marketing e l’arte militare ci sia una strana relazione.
Queste due discipline hanno infatti un linguaggio in comune ed è su quello che gli autori giocano l’equivoco su cui si basa l’effetto comico della tavola.
Sarei curioso di capirne le ragioni storiche di questa relazione e, se dovessi azzardare, direi perché a fondare il marketing sono stati i membri della greatest generation, la generazione di americani che aveva conosciuto i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale e che, almeno così mi piace pensare, avevano portato con sé quell’esperienza una volta tornati alla vita civile.
È perciò all’arte militare che vorrei guardare per provare a chiarire la differenza che passa tra strategia, operatività e tattica e come questi concetti possano essere riportati anche nel marketing.
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Che differenza c’è tra strategia, operatività e tattica?
Nel campo dell’arte militare, i concetti di strategia, operatività e tattica sono legati tra loro da una relazione gerarchica e ognuno di essi identifica una serie di attività che sottendono uno specifico modo di pensare.
La strategia si pone al livello più alto della relazione e consiste nella capacità di pianificare l’uso della forza per ottenere uno o più obiettivi politici.
Immediatamente al di sotto di essa si colloca l’operatività, ovvero la capacità di progettare, alla luce della strategia, più azioni coordinate tra loro ed eseguite lungo l’intero arco del fronte o in profondità nelle retrovie nemiche.
Al livello più basso c’è, infine, la tattica, che altro non è che la capacità di mettere in atto le operazioni pianificate alla luce della strategia nelle specifiche aree del fronte dove si spera possano sortire l’effetto desiderato.
Questi tre livelli operano contemporaneamente, retroagendo e influenzandosi a vicenda; necessitando in ogni istante di essere monitorati e modificati per adattarsi ai mutamenti del contesto.
A quali attività corrispondono strategia, operatività e tattica nel marketing?
Alla luce delle caratteristiche e della relazione tra i livelli strategico, operativo e tattico possiamo provare a capire quali attività e strumenti di marketing corrispondano a ognuno di essi, contribuendo così a chiarire meglio come questi concetti possono essere adattati all’attività di marketing.
Come abbiamo visto, la strategia è la capacità di pianificare l’uso della forza al servizio di uno o più obiettivi politici.
Volendo traslare questo concetto nel marketing potremmo dire che la strategia è la capacità di pianificare l’uso delle diverse leve del marketing mix al servizio degli obiettivi che si pongono un’azienda, un brand, un prodotto, un servizio o qualsiasi altro attore che si serva del marketing come set di conoscenze, azioni e strumenti.
Vanno cosiderati perciò strumenti e azioni strategiche il marketing mix, l’analisi swot, il posizionamento, la segmentazione, le ricerche di mercato, la definizione dell’identità e dell’architettura di marca, la creazione di funnel e altre attività simili.
La redazione di un piano media, per restare nell’aneddoto da cui hanno preso vita queste note, è uno strumento e un’azione che si colloca al livello operativo dell’attività di marketing.
Essa avviene infatti alla luce di una strategia e prevede una serie di azioni coordinate su più canali. Lo stesso si può dire per un piano editoriale o, su un livello più generale, per un piano di contenuti.
Semplificando, la maggior parte degli strumenti e delle azioni che vengono progettati per pianificare l’esecuzione di una strategia hanno luogo a livello operativo e, come tali, andrebbero trattate.
A quello tattico, infine, si collocano tutte gli strumenti e le azioni con cui vengono messi in opera sia le pianificazioni operative che le strategie.
Sono tattici i contenuti digitali realizzati e pubblicati sulle più diverse piattaforme, i volantini con le offerte e le offerte stesse, le iniziative promozionali, i corner, gli eventi, i comunicati stampa e i lanci di prodotto, le conferenze stampa e ogni altra attività di marketing che avviene in un preciso momento e in dato luogo, sia reale che virtuale.
La strategia non si ha, si fa.
Chiarire i confini e le relazioni tra questi diversi livelli, mostrando quali azioni e strumenti appartengono a ognuno di essi è utile non solo per valutare correttamente le proprie attività, ma permette anche di mettere in luce un aspetto chiave della strategia applicata al marketing su cui, spesso, non ho trovato una consapevolezza diffusa.
Nell’arte militare, strategia, operatività e tattica non sono attività statiche, bensì fluide e dinamiche. Nel marketing, al contrario, è piuttosto diffusa l’idea che la strategia sia una sorta di manuale di istruzioni che, se correttamente eseguite in una determinata sequenza, porta in modo matematico a un determinato risultato. Non è così.
La strategia non è qualcosa che si ha e che, una volta ottenuta, può essere messa in pratica senza che sia necessario monitorarne gli sviluppi e le contingenze.
La strategia è, piuttosto, qualcosa che si fa, un processo che si dispiega nel tempo e che, in ogni istante, cerca di allineare agli obiettivi desiderati le pianificazioni e le azioni necessarie per ottenerli, reagendo continuamente alle variazioni del contesto.
Fare strategia, nel mercato come sul campo di battaglia, significa imparare a pensare e ad agire in modo plastico rispetto alle proprie risorse e all’ambiente in cui vengono utilizzate.
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