Sogno d'una nostalgia di mezza estate

Che la nostalgia sia un tratto distintivo della cultura contemporanea è una tesi più che diffusa ed esplorata.

La dispiega, per esempio, il critico musicale Simon Reynolds in Retromania, uno dei suoi testi più conosciuti.

Dedicato ai numerosi fenomeni di revival che continuano a caratterizzare la fruizione di musica, Retromania è, tra le altre cose, una meditazione sul ruolo che le tecnologie digitali hanno nel rievocare il passato, rendendo possibile il recupero e la condivisione di sterminati archivi di prodotti culturali, che il supporto fisico avrebbe destinato o all'oblio o a una circolazione limitatissima o, ancora, al recupero creativo grazie alla pratica del campionamento.

Prima di Reynolds, che non a caso la cita come fonte, a provare ad abbozzare una teoria della nostalgia contemporanea è la scrittrice e critica letteraria Svetlana Boym.

In The Future of Nostalgia, Boym esplora le due principali forme che la nostalgia assume nella nostra cultura: quella restaurativa che, gravida di un'atmosfera di cospirazione, induce al recupero di un passato mitologico e quella riflessiva che, immergendosi in un'atmosfera di sogno e fantasmagoria, sottolinea l'impossibilità di un ritorno a casa.

A farmi tornare in mente questi due testi è stato un tweet assai virale che mi è capitato sotto gli occhi mentre mi trovavo in vacanza durante il mese di luglio più caldo di sempre.

A pubblicarlo è un utente di Twitter Blue, @Frenkie_Woody, che gestisce un profilo dal taglio vagamente populista, apertamente nostalgico, prono a scivolare continuamente verso il cringe più evidente.

L'aggiornamento in questione il seguente:

Ad illustrarlo è l'immagine del retro di quella che, non sono un esperto d'automobili, potrebbe essere una vecchia Fiat 124 targata Roma. A fianco e davanti a essa, via via sempre più profondità fino a occupare del tutto lo sfondo, un lungo serpentone di vecchie auto tra cui mi pare di riconoscere almeno una Fiat 500.

L'elemento visivo del tweet sprofonda l'utente nel passato e lo fa fin dal primo istante in cui entra in contatto con esso.

Quella visiva infatti è una dimensione fondamentale per l'estetica e le funzionalità dei feed social dal momento che le immagini vengono processate dal cervello umano molto più rapidamente rispetto al testo scritto e, come ogni manuale di social media marketing insegna, oggi, l'uso delle immagini è un elemento fondamentale per catturare l'attenzione degli utenti, contesi costantemente da una miriade di fonti in lotta perenne per questa risorsa tanto scarsa quanto ambita.

Tale funzionamento è potenziato dalla bassa qualità dell'immagine. Tutto, in essa, appare sfocato come in un'allucinazione da calore e guardandola con attenzione sembra come intuirsi la grana della carta fotografica sbiadita dal sole, come se l'immagine fosse una meta fotografia: la foto digitale di una fotografia analogica.

Da essa emana come un'alone di mistero che questa sua qualità lo-fi non fa che rinforzare, spingendo l'utente deciso a penetrarne la nebbia a concentrarsi sul testo che l'accompagna.

È un testo molto lungo, privilegio concesso all'utente dall'abbonamento al servizio Twitter Blue, che si apre con la triade di parole che più di ogni altra esprime l'ingresso in una dimensione narrativa: c'era una volta.

Sì, ma che cosa?

La vacanza estiva, è la risposta di @Frenkie_Woody, ma non quella che conosciamo oggi, un'altra, dal nome "obsoleto e in disuso", villeggiatura.
Era, la villeggiatura, una vacanza che "durava talmente tanto che avevi la nostalgia di tornare a scuola e di rivedere gli amici del tuo quartiere, ed al ritorno non ricordavi quasi più dove abitavi".

Un'esperienza calata in un tempo in cui "era tutto più semplice e più vero", espressione di un'epoca che appare costellata di oggetti ormai dimenticati - "la 50 lire per sentire le canzoni dell'estate nel juke box o per comprare coca cola e pallone" - e usanze il cui senso sembra ormai perduto, incomprensibile - "si mandavano le cartoline che arrivavano ad ottobre".

Un epoca di gloria in cui, "malgrado i 90 giorni ed oltre di ferie, l'Italia era la terza potenza mondiale, le persone erano piene di valori e il mare era pulito". Un epoca in cui "si era felici" e in cui "nessuno aveva da studiare per l'estate e l'unico problema di noi ragazzi era non bucare il pallone".

A dispetto di quel "c'era una volta" che apre il racconto, arrivati fino a questo punto si potrebbe essere portati a credere, e non a torto, di trovarci di fronte alla rielaborazione di un ricordo, un frammento di memoria formattato per i social media che rimanda a un passato in cui la nostalgia, per restare nella tassonomia elaborata da Boym nel suo testo, assume i tratti del ritorno verso un'età dell'oro ormai perduta.

La trama, però, prende qui una svolta inaspettata.

Dopo aver pennellato i tratti che costituiscono l'epoca e l'epica gloriosa della villeggiatura, rivestendoli d'una patina di memoria, @Frenkie_Woody ci tiene a ricordare che "il tempo era bello fino al 15 di Agosto, il 16 arrivava il primo temporale e la sera ci voleva il maglioncino perché era più fresco"

Questo passaggio, banale solo in apparenza, è in realtà una citazione, probabilmente un omaggio, alla celebre scena della "fine dell'estate di Sapore di mare, il primo film dei fratelli Vanzina, di cui ricorre proprio quest'anno il quarantesimo anniversario.

Quest'inserto segnala, chissà se inavvertitamente o come studiato meccanismo di rottura della quarta parete, la dimensione funzionale del testo davanti a cui ci troviamo noi utenti e, allo stesso tempo, come "le grandi nuvole grigie cariche di pioggia", la frase agisce come un elemento di trasformazione che introduce un cambio di tono nel mood del tweet.

"Arrivava settembre, tornava la normalità" sottolinea @Frenkie_Woody, "si ritornava a scuola, la vita riprendeva, l'Italia cresceva".

Una routine infantile e, per questo, rassicurante, il cui destino, come d'altronde lo è quello della fanciullezza, è di non poter durare a lungo.

Ecco infatti arrivare la nota amara, quella con cui l'autore riconosce che "oggi è tutto cambiato, diverso. La vacanza dura talmente poco che quando torni non sai manco se sei partito o te lo sei sognato".

La vacanza oggi, è quella per cui "se non vai ai Caraibi a Sharm o ad Ibiza sei uno sfigato. O magari hai tante cose da fare che forse è meglio se non parti proprio, ti stressi di meno".

Qui la descrizione si fa meno vivida, più grigia e meno dettagliata, si avverte come il desiderio di sorvolare, passare oltre. Un'urgenza di chiudere il discorso, lasciando all'utente il compito di completare un'immagine che, @Frenkie_Woody aveva però già elaborato qualche settimana prima, in un altro tweet di discreta viralità.

La chiusa è, ovviamente, allineata all'umore generale del testo. Pur non avendo mai formulato la domanda, l'autore afferma che "una risposta certa è che allora eravamo tutti più semplici, meno viziati e tutti molto più felici, noi ragazzi e pure gli adulti. La società era migliore, esisteva l’amore, la famiglia, il rispetto e la solidarietà".

In queste righe non si può non avvertire, fortissimo, il sentore di nostalgia restaurativa che, affidato alla grande macchina social, si diffonde nell'intelletto generale seminando il germe di un ricordo, quello di un tempo mai davvero esistito, ma che rivive con un'enorme forza assertiva grazie alle dinamiche dello spazio digitale in cui gli è dato di circolare.

Avrebbe dovuto in effetti essere questo il senso ultimo della mia meditazione, se non fosse per il fatto che solo al momento di scriverla mi sono accorto che manca ancora una frase a completare il testo, una frase che recita in questo modo: "fortunati noi che abbiamo vissuto così".

Avviene alla fine, giusto un attimo prima di congedarsi dai suoi lettori, la presa di coscienza con cui @Frenkie_Woody ammette, certo non esplicitamente, ma tra le righe, che il ritorno a casa è impossibile e, di fronte al cambiamento che investe il mondo, altro non resta da fare che lasciarsi galleggiare nel sogno.

Un sogno che a noi, che a questo mondo restiamo aggrappati, chiama a una sfida. Sovvertire il ricordo.

Sovvertirlo per liberarlo, farlo (ri)vivere in forme nuove e mutanti, per superare indenni le onde del tempo che minaccia di farci sprofondare tra i relitti ormai marcescenti di un passato al quale non ci sarà mai più dato modo di tornare.