"CultureWarsMeets" su Culture Wars
Qualche settimana fa, Davide Piacenza e io abbiamo avuto una discussione su Twitter sulla famigerata "cancel culture". Si parlava, se non ricordo male, se fosse o meno corretto parlare di "cultura" in merito a un episodio piuttosto spiacevole accaduto negli Stati Uniti.
Visto il tono degli scambi, cordiale e approfondito, nonostante Davide e io avessimo due posizioni opposte anche in modo piuttosto radicale, abbiamo deciso di proseguire quella conversazione con altri mezzi.
Il risultato è uscito qualche giorno fa su Culture Wars, la newsletter curata da Davide che tratta proprio di questi temi.
Quello della consapevolezza è un tema importante, e su cui non posso che essere d’accordo con te: siamo, effettivamente, circuiti su base giornaliera, a ogni shitstorm, a ogni login. Facendo discorsi simili con altre persone, ho maturato l’idea che quel “culture” a me, personalmente, convince nella misura in cui sembriamo tutti dare assurdamente per scontato che quelle dinamiche siano il modo più “normale” di vivere e d’agire: qualche settimana fa ho raccontato la vicenda di West Elm Caleb, un anonimo ragazzo newyorkese finito nel tritacarne di TikTok perché, beh, aveva fatto lo scemo con troppe ragazze con cui si vedeva, finendo in gogne incrociate da centinaia di migliaia di visualizzazioni. In questo senso, secondo me, esiste un problema “culturale”: ovvero passi la celebrità, passi il libro, passi il film, passi a maggior ragione la statua… ma davvero non ti poni due domande – tu generico, ovviamente – prima di rischiare di rovinare l‘esistenza letteralmente al primo che passa?