#salto13 proposte per un marketing della saggistica digitale

Report del panel sulla saggistica digitale, tenuto al Salone Internazionale del Libro di Torino nel 2013.

#salto13 proposte per un marketing della saggistica digitale

Domenica 19 maggio, come sapete se avete letto questo blog la scorsa settimana, ero al #salto13 ospite dello spazio Book to the future per parlare di saggistica digitale insieme a eFFe, Gino Roncaglia, Luisa Capelli e Marco Liberatore. Il panel è stato breve e intenso perché le questioni emerse sono state molte e alcune meritavano di essere approfondite con maggiore attenzione. Proverò a farlo in questo post, nella speranza che possa servire come stimolo a una discussione da costruire.

Il panel è stato aperto da eFFe che ha presentato con alcune slide in che modo si struttura il panorama della saggistica digitale in Italia. All'interno del mercato digitale la saggistica, intesa come il campo vasto e variegato della non-fiction, occupa una fetta piuttosto piccola. Contrariamente a quanto si pensava fino a pochi mesi fa è stata la narrativa a trainare il mercato digitale nel quale si sono riprodotte le dinamiche di quello analogico.

A partire da questa constatazione emerge come sia un'esigenza sentita quella di pensare nuove forme e formati che possano portare a sviluppare una saggistica digitale che sappia sfruttare le possibilità offerte dai nuovi linguaggi di programmazione. L'intervento di Gino Roncaglia si è concentrato proprio su questo punto. In che modo le nuove forma di modellizzazione e visualizzazione del pensiero rese possibili dal digitale possono essere utilizzate per dare alla saggistica nuove forme? E a che tipo di pensiero e rapporto con il mondo daranno vita queste nuove forme di organizzazione e fruizione delle informazioni?

Come ho già avuto modo di notare sono questioni cruciali, che implicano non solo una riflessione di carattere pratico e teorico, ma anche un ripensamento di concetti che abbiamo imparato a dare per scontati riguardo la lettura digitale. Di fronte a testi elettronici organizzati intorno a visualizzazioni di dati, mappe concettuali interattive e contenuti extra navigabili sono necessari anche dispositivi adeguati. Gli e-reader a inchiostro elettronico sono questi dispositivi? E se non lo sono come ripensare la narrazione di marketing che è stata allestita fino a questo momento?

Luisa Capelli invece ha ragionato intorno alla saggistica universitaria e ai problemi dell'Open Access. In questa ottica l'ambizione è quella che il digitale possa stimolare le università a creare forme di socializzazione del sapere e di editoria specializzata nell'ambito della creazione di beni comuni della conoscenza. Anche in questo campo il digitale invita a disintermediare il rapporto con gli utenti e a trovare forme di apertura e condivisione.

Marco Liberatore ha invece presentato la Libreria di Doppiozero, progetto editoriale legato alla famosa rivista culturale. Interessante soprattutto perché mostra come con il digitale sia poco sensato ragionare in base strutture e definizioni rigide. Progetti web come Doppiozero assumono molto facilmente i tratti di piattaforme editoriali che coniugano la classica attività redazionale di una rivista alla funzione dell'editore. Il nodo da sciogliere è, al momento, quello delle forme di commercializzazione dei prodotti creati, visto che la formula con tessera sperimentata da Doppiozero ha mostrato diversi inconvenienti.

L'ultimo turno è toccato a me e per fortuna è stato breve, visto che mi era stata scaricata una patata piuttosto bollente. Rispondere alla domanda "come si progetta un marketing efficace per la saggistica digitale?" non è facile e se avessi una formula sicura probabilmente ora sarei molto ricco. In ogni caso credo che qualsiasi ragionamento in questa direzione debba partire da una comprensione profonda di come il digitale ha cambiato la fisionomia e l'economia del pubblico.

Fino a pochi anni fa nei corsi universitari di gestione dell'impresa mediale veniva insegnato a vendere non contenuti ma attenzione. Oggi, come spiega bene Tiziano Bonini nel suo Non esiste più il pubblico di una volta, il vero valore risiede nella reputazione che un media brand riesce a generare nei confronti di una nicchia di pubblico disposta a investire diversi tipi di capitale nella relazione.

Per quanto il concetto non rappresenti una novità nella riflessione sul digitale è pur vero che non sono molti ad averne compreso in pieno le implicazioni, tanto è vero che ancora oggi c'è chi, ad esempio, misura l'attività sui social network senza tenere conto dei dati sull'engagement. Come applicare questi principi a un marketing per la saggistica?

Se pensiamo all'ontologia della saggistica è facile accorgersi che questa è sempre il risultato di un processo del pensiero, la cristallizzazione di una pratica costante del sapere elaborata nel confronto con gli altri. Un tempo un saggio di ricerca (universitario) o divulgativo (giornalistico) veniva verificato nell'incontro tra lo scrittore e la comunità del sapere rappresentata o dai suoi pari o dagli studenti. In un processo di elaborazione costante.

Oggi il digitale consente di spostare questo processo su piattaforme pubbliche, aperte alle pratiche collaborative degli utenti. Il percorso di elaborazione che conduce alla stesura di un saggio oggi può essere condiviso in vari modi, inoltre è possibile integrare anche il processo di elaborazione che segue la pubblicazione del saggio. Roncaglia faceva notare che, in un'ottica di social reading, è possibile integrare nel saggio digitale feed di commenti e reazioni anche successivamente alla pubblicazione.

Case editrici e agenzie di comunicazione devono perciò porsi rispetto agli autori e ai prodotti con la postura del formatore e del facilitatore. Aiutarli ad affrontare un ambiente nuovo e non facile da padroneggiare e nel contempo contribuire a diffondere quel processo di elaborazione del pensiero che costituisce il valore aggiunto in termini di coinvolgimento dell'utente, fidelizzazione della nicchia di pubblico e propensione all'acquisto.

Un esempio di come queste pratiche possano funzionare ce lo fornisce l'editoria di gioco indipendente. Una forma di editoria che si sostanzia quasi esclusivamente col crowdfunding e i cui autori si confrontano con le community costantemente alla ricerca di spunti per migliorare i loro prodotti. Questo scambio è bidirezionale, perché gli autori ricevono feedback attraverso i play test dei loro giochi e i giocatori imparano i principi del game design che possono poi applicare in varie forme (dagli hack alla creazione di nuovi giochi).

Pratiche di questo tipo creano circuiti virtuosi in cui autori e giocatori si scambiano competenze e valore economico crescendo insieme attraverso pratiche di condivisione della conoscenza.